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24 Luglio 2023

Vedo cose meravigliose

Un ragazzo diventa il faraone più importante d’Egitto, un altro, migliaia di anni dopo, scopre la sua tomba, un terzo insegue il sogno di diventare egittologo fino ad arrivare alla direzione del Museo Egizio di Torino. Si chiamano Tutankhamon, Howard Carter e Christian Greco. Ho potuto parlare solo con l’ultimo, e ne è valsa la pena. Ecco il podcast.

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Un secolo fa, tra il 1922 e il 1924, un uomo che si era innamorato dell’Egitto a soli sedici anni e che non aveva alcun titolo universitario, fece una delle più grandi scoperte archeologiche di tutti i tempi. La più sorprendente, quella che avrebbe cambiato per sempre il nostro immaginario. Questa storia me la sono fatta raccontare da una persona che quando aveva dodici anni venne folgorata dai faraoni e che, grazie ad una passione incredibile, da nove anni dirige il Museo Egizio di Torino.

Maschera funeraria d’oro di Tutankhamon, conservata nel Museo egizio del Cairo. © Foto di Carsten Frenzl, Obernburg, Germania

Siamo nel 1922, nella Valle dei Re. Il 4 novembre l’inglese Howard Carter scopre in mezzo alla sabbiadei gradini che scendono: prima quattro, poi dodici. È una scalinata al fondo della quale trova una porta intonacata con il cartiglio con il nome di Tutankhamon e il sigillo dello sciacallo con nove nemici con le mani legate dietro, il sigillo della necropoli. Scrive subito un cablogramma a Lord Carnarvon, il mecenate inglese che finanziava i suoi scavi, in cui annuncia: “Trovata tomba intatta”. Il nobile parte immediatamente da Londra con la figlia, si imbarca su un piroscafo che lo porta ad Alessandria e poi attraversa l’Egitto in treno. Tre settimane dopo, il 26 novembre, tutti insieme riprendono gli scavi che porteranno ad una scoperta inimmaginabile: una tomba che contiene ancora le spoglie mortali del sovrano, il suo corredo di 6.000 oggetti, la maschera dorata del faraone e tutti i gioielli.

Per ascoltare i dettagli di questa storia sono andato a trovare Christian Greco, che ha appena pubblicato il libro “Alla ricerca di Tutankhamun”, gli ho messo un microfono davanti e lui mi ha trasmesso tutto il suo entusiasmo e la sua passione. Lo potete ascoltare nella nuova puntata del mio podcast “Altre/Storie”.

«Quando si trovarono di fronte ad una seconda porta sigillata, quella della camera sepolcrale, Carter fece un foro al centro, inserì la sua mano che stringeva una candela e Lord Carnarvon gli chiese: “Che cosa vedi?” Lui rispose “Vedo cose meravigliose”. Una frase che sarebbe passata alla storia».

Christian Greco dal 2014 è direttore del Museo Egizio di Torino. La sua passione per il mondo egizio risale a quando aveva dodici anni

«Tutti conosciamo Tutankhamon, è una delle prime foto che vediamo nei libri di storia alle elementari, la magnifica maschera dorata e tutti ci affasciniamo all’archeologia, con l’idea che in un cunicolo nascosto sottoterra in Egitto potesse aver riposato per più di 3.000 anni un faraone il cui sonno eterno è stato disturbato dagli archeologi. E questo però, già allora ebbe un impatto incredibile, perché i giornali di tutto il mondo ne volevano parlare. E Lord Carnarvon fece un errore immenso: diede l’esclusiva della scoperta al Times di Londra, i giornalisti egiziani non potevano entrare e questo suscitò immensi problemi che portarono addirittura a fermare lo scavo».
Ogni giorno il Times pubblicava le ultime notizie sulla scoperta e c’erano le file alle edicole di Londra: «Era scoppiata la “Tut-mania”, un fenomeno che presto diventò di massa. Allora Carter cominciò a soffrire moltissimo del fatto che la scoperta richiamava personaggi di ogni tipo: curiosi, turisti, giornalisti, perfino teste coronate, la prima fu la regina del Belgio. Tutti si affollavano fuori dalla tomba e volevano vedere. Lui non riusciva più a scavare».

Cinquant’anni dopo la scoperta il clamore si trasforma in un fenomeno mondiale, prima negli anni Sessanta il tesoro del faraone fa un tour americano, da New York a Los Angeles, poi nel 1972 c’è la prima grande mostra su Tutankhamon al British Museum con persone che stanno in fila fino a 72 ore per poter entrare, e la Regina Elisabetta II che corre a vederla e si ferma a fissare la maschera d’oro.

La Regina Elisabetta II osserva la Maschera di Tutankhamon alla mostra “Treasures of Tutankhamon del British Museum”, 1972. © Fondo della Collezione Reale

Christian Greco nel libro ricostruisce non solo il valore della scoperta e la storia di Tutankhamon, un ragazzo che diventa sovrano a otto anni, muore a diciotto e vive una vita difficile in un periodo storico complicato, ma anche la vita di Howard Carter. È l’egittologo più famoso della storia senza essere stato uno studioso e senza avere una laurea, era arrivato in Egitto a soli sedici anni come disegnatore e subito rimase folgorato dall’archeologia. Anche la passione di Christian Greco, nominato direttore del Museo Egizio di Torino a soli 39 anni, nasce quando è giovanissimo: «Mi portarono in Egitto a soli dodici anni e mi innamorai di questa civiltà. Ricordo che nel volo di ritorno da Il Cairo a Roma mia madre mi chiese se l’Egitto mi fosse piaciuto. Io le risposi: “Diventerò egittologo”. I miei genitori hanno sperato nel tempo che questa passione adolescenziale se ne andasse, per il timore che non avrei mai trovato lavoro.

È stata dura, non ho avuto un lavoro pagato nel mio settore fino a 34 anni. Ma oggi mi do quasi un pizzicotto ogni mattina e mi dico: ma sta succedendo davvero? Sono davvero il direttore del Museo Egizio, per me un sogno». Per farcela e pagarsi gli studi e il dottorato in Olanda ha lavorato per un’impresa di pulizie, poi ha fatto il portiere di notte, alla fine, quando il suo olandese era diventato abbastanza buono, ha cominciato a insegnare latino e greco nei licei classici olandesi: «Ricordo che avevo 27 ore di insegnamento frontale, nove classi, 280 allievi. Non esiste in Olanda l’orale, quindi ogni settimana avevo 280 versioni da correggere e al contempo dovevo scrivere il dottorato. Lavoravo giorno e notte spinto da una passione grandissima».

L’ultimo libro di Christian Greco si intitola “Alla ricerca di Tutankhamun“, edito da Franco Cosimo Panini Editore

Christian legge undici lingue: «Quando ero a Leida il mio professore mi disse di scrivere un paper su un sarcofago che è conservato al British Museum. Io andai in biblioteca e vidi che c’era solo un’edizione del 1911, scritta a mano in danese. Così tornai dal professore spiegandogli l’ostacolo. Lui mi guardò e disse: “Non capisco quale sia il problema: esistono i dizionari”. Fu una grande lezione sulla passione e sulla volontà di affrontare le sfide».

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