Michele Pellegrino è il fotografo della fatica, del silenzio e delle nuvole.
Michele Pellegrino è il fotografo della montagna e delle sue genti.
«Il mio tempo sta finendo ma anche quello dei paesaggi che ho conosciuto. Mi ricordo che andavo in montagna e c’era tanta di quella neve che ci si perdeva dentro, oggi è pochissima e d’estate è una pietraia che frana. Non riconosco più il paesaggio con cui sono cresciuto».
In quest’epoca in cui domina l’attimo presente, Michele segue il passo con cui ha camminato tutta la vita: non ha fretta, non corre, non insegue l’istante che un secondo dopo è già dimenticato. E in questa pazienza, in questa attesa, in questo mistero si può ancora trovare – direbbe il poeta Franco Arminio – il senso del sacro.
La prima volta che ho incontrato Michele Pellegrino era la vigilia del suo 89esimo compleanno, un sabato mattina. Era contento di raccontare la sua storia ma un po’ dispiaciuto perché quello solitamente è il giorno in cui fa il pane. L’ho ascoltato per quasi tre ore e mi ha trasmesso così tanta passione che salutandolo ho pensato che con la sua energia potrebbe accendere le luci di tutto il paese. Ho raccontato il nostro incontro su questa newsletter (la trovate qui).
Michele è convinto che la fotografia debba far vedere le cose che in genere nessuno guarda, deve spostare lo sguardo. E poi deve raccontare. «Una bella foto la può fare chiunque ma la differenza è mettere un po’ di foto insieme che raccontino una storia, che illuminino una vicenda umana. Ho lavorato più di otto anni per fare le clausure, suore, frati, eremiti, un lavoro unico e difficilissimo. Un’esperienza totale. Ho conosciuto di tutto e ho perso la fede».
In questi mesi a Torino, fino al 14 aprile, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia rende omaggio alla fotografia di Michele Pellegrino attraverso una mostra antologica di cinquanta immagini che raccontano la passione e l’amore di Michele per la sua terra e la fotografia.
Se ne avete modo e tempo vi consiglio di visitarla.