Per anni a casa mia, ogni Natale, arrivava un albero vero da addobbare. A me piaceva tantissimo che fosse vivo e non di plastica, ma nello stesso tempo mi dispiaceva vedere ogni mattina i suoi aghi riempire il pavimento. Ogni anno pensavo che avremmo dovuto dargli un’altra possibilità finite le feste e riportarlo alla natura. Non ne siamo mai stati capaci e c’era sempre qualcuno che spiegava che non era possibile perché non aveva più le radici e per questo sarebbe morto comunque.
Mio cugino Carlo, più piccolo di me ma forse più sognatore o più tenace, un anno a gennaio convinse il padre che il loro albero non doveva finire in discarica. Gli diede talmente il tormento che lo caricarono in macchina e andarono nella casa di famiglia in Valle D’Aosta e lì lo piantarono nella piccola vasca della sabbia dove giocavamo da piccoli. Lo scetticismo faceva dire a tutti che non sarebbe arrivato a Pasqua, invece, anno dopo anno, è cresciuto superando il tetto e ombreggiando tutta la casa. La sua forza era quella del sogno di un bambino.
Facendo a tutti voi tanti auguri di cuore vi regalo questa poesia scritta da Tonino Milite, il mio papà adottivo. Ogni anno a Natale l’attaccava accanto alla porta dell’ascensore nell’atrio del nostro condominio. Tonino non c’è più dal giorno di Sant’Ambrogio del 2015, ma una mano amica ogni 7 dicembre rimette la poesia sul muro dell’ingresso.
A NATALE, L’ALBERO
Lo abbiamo separato
dal bosco
perché splendesse,
la sua solitudine,
come una cometa
nella nostra casa,
e la dicesse erede
d’un semplice mistero,
perché la sofferenza
delle sue radici
ne facesse il Nume
propizio allo scambio
del dono e degli affetti,
e noi fossimo,
dinanzi a lui,
ad un tempo
Magi e neonati.