È stato un anno faticoso questo 2022, quando speravamo che la pandemia fosse finita, quando pensavamo di poter recuperare la nostra libertà e di godercela, ecco che la guerra è tornata in Europa e con lei è riapparsa una parola che credevamo archiviata per sempre: bomba atomica. La paura nucleare è tornata nel discorso pubblico, come fosse una delle opzioni possibili. La guerra ha portato donne e bambini in fuga, inflazione, prezzi sempre più alti e una gelata della ripresa. E ora, sul finire dell’anno, dalla Cina arrivano notizie di contagi che ci fanno tornare indietro di tre anni. Eppure, io non riesco a dire che è stato un anno da buttare, sento ricchezza dentro di me. Me l’hanno regalata le persone che ho incontrato, quelle che ho raccontato nel mio libro “Una volta sola”, in queste newsletter e nei podcast. Nessun anno e nessun giorno sono sprecati o da buttare se li viviamo con intensità, se scegliamo di scommettere sul dialogo e sull’incontro e se cerchiamo la luce dentro le crepe della storia e della cronaca.

Dieci giorni dopo l’invasione russa ero a Siret, sul confine tra Ucraina e Romania. Faceva molto freddo, fiocchi di neve restavano sospesi nell’aria e un fiume di famiglie con trolley, cani e gatti, passavano il confine a piedi. Un flusso ininterrotto di volti sfiniti, di donne che piangevano in silenzio per aver lasciato dall’altra parte i mariti, di persone che non avevano idea di dove andare. Da questa parte della frontiera un mare di persone, arrivate spontaneamente, aiutava senza sosta e senza chiedere nulla in cambio. Le ho raccontate in questo podcast dal titolo “Voci dalla guerra”.

Poche settimane prima dell’Anniversario della Liberazione sono andato a trovare un uomo speciale: Piero Corte. Staffetta partigiana a undici anni, oggi Piero ne ha 89 e passa gran parte dell’anno a Monterosso nella vigna a picco sul mare che ha comprato quando è andato in pensione. Mi ha raccontato la sua vita, la guerra, i partigiani, il coraggio di sua madre che salvò il padre mettendosi insieme ai figli davanti al plotone d’esecuzione fascista, e mi ha mostrato quanto coltivare ogni giorno la passione ci regali un’esistenza migliore. Tra i filari d’uva giorno e notte diffonde musica classica, la potete ascoltare, insieme alla sua voce in questo podcast.

Sono passati esattamente cinquant’anni dall’omicidio di mio padre e il 17 maggio, anniversario della sua scomparsa, insieme a mia madre e ai miei fratelli abbiamo organizzato un momento di ricordo a Milano al Teatro Gerolamo. Mezzo secolo sono un tempo infinito e il momento in cui la cronaca deve farsi da parte per lasciare spazio alla storia. È tempo di ricordare ma fare memoria non significa ritornare a quel giorno, rivivere all’infinito la ferita, ma ragionare su ciò che è successo dopo, su quello che si è imparato e sulla strada percorsa. Il video di quella serata, con i ricordi della nostra famiglia, gli interventi di Marta Cartabia e Paolo Mieli e la voce di Luca Zingaretti, lo trovate qui.

Quest’estate ho fatto un viaggio in un luogo meraviglioso, dove la natura prevale sugli uomini, dove il vento e il mare li senti in ogni momento: le Isole Faroe. Sono rimasto incantato dai paesaggi e dalle persone, ma dentro di me c’era un’inquietudine, le immagini della mattanza dei delfini che si ripete ogni anno. Così sono andato a cercare uno dei pescatori che la organizza, sono andato a cercare di capire come sia ancora possibile portare avanti questa barbara tradizione. Sono tornato con molte immagini e con un taccuino pieno di appunti, li ho lasciati decantare e la prima newsletter del prossimo anno sarà dedicata proprio a questo racconto.

Bisognava parlare di ecologia e io ho scelto di focalizzarmi su una cosa preziosa che ci sta sfuggendo: la sostenibilità del nostro tempo e delle nostre giornate. Così al TEDx Milano ho raccontato la necessità di una nuova “ecologia del tempo”. Una parte del discorso l’ho pubblicata su questa newsletter, ho sottolineato come sia importante distinguere le cose importanti da quelle urgenti e ho raccontato del foglietto che scrivo ogni domenica e porto sempre in tasca. Molte persone mi hanno fermato per strada e mi hanno confidato: ora faccio anche io il foglietto.
Il discorso integrale (dura poco più di 10 minuti) è appena stato pubblicato, lo potete trovare qui.

Questa bellissima immagine di ragazze iraniane è stata scattata nel giugno del 2009 a Teheran da Pietro Masturzo, che con questi scatti vinse il World Press Photo. Erano per le strade a festeggiare perché speravano nel cambiamento dopo il primo turno delle elezioni presidenziali e lo hijab cominciava a scivolare indietro sui capelli. Anche quella volta non sarebbe cambiato nulla e il regime avrebbe stretto sempre più le maglie della loro libertà. Oggi, tredici anni dopo, la situazione è ancora peggiore, una protesta senza fine di ragazze e ragazzi è repressa nel sangue e punita con arresti e condanne a morte. Ma loro sono sempre in piazza e la loro forza e il loro coraggio sono contagiosi e commoventi. Alla fine, vinceranno loro.
Quando un regime tortura e ammazza le proprie figlie e i propri figli allora è finito. Non so quanto ci vorrà ma il potere religioso il consenso non lo recupererà mai più. Se hai contro un’intera generazione, la più giovane, allora il tuo tempo è scaduto.Il mio augurio per il 2023 è per le ragazze iraniane e per i ragazzi che sono scesi in piazza accanto a loro, che possano vedere finalmente il cambiamento e respirare la libertà che meritano.