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27 Aprile 2024

Caro Aldo, caro Pietro

Il carteggio privato tra Aldo Moro e Pietro Nenni e il ricordo di una politica civile che oggi ci sembra lontanissima e impensabile
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Immaginate Matteo Salvini e Giorgia Meloni scambiarsi lettere in cui discutono le loro idee sul futuro del Paese, immaginate Elly Schlein e Giuseppe Conte mandarsi biglietti per trovare una posizione comune sulle alleanze elettorali, immaginate Matteo Renzi e Carlo Calenda spedirsi cartoline di auguri. E fare tutto questo riservatamente, in silenzio, senza darne immediata visibilità sui social o in un video. Se non riuscite ad immaginarlo, vi capisco. Ma è esistito un tempo in cui alcuni avversari politici si parlavano, si rispettavano e, se possibile, cercavano punti di contatto, anche quando avevano storie, appartenenze e convinzioni molto distanti.

È uscito in questi giorni un libro che contiene il carteggio, in gran parte inedito, tra il leader democristiano Aldo Moro e quello socialista Pietro Nenni. Sono oltre 300 tra lettere, bigliettini e telegrammi che giacevano da tempo in vari archivi e che un lavoro di scavo e di ricerca ha riportato alla luce. È emersa soprattutto una corrispondenza intima e privata, in cui i due affrontano temi politici epocali, come la scuola, le disuguaglianze, il divorzio, la guerra, ma anche problemi personali e familiari.
In un momento storico in cui nulla è privato, in cui ogni cosa è utilizzata in tempo reale per farne propaganda, quello scambio, durato vent’anni, è sorprendente. Per i toni, per la profondità e per la civiltà delle forme. E poi perché lo possiamo leggere mezzo secolo dopo: cosa resterà della politica di oggi, in cui gli scambi sono fatti per WhatsApp o su X?

Il primo scambio di messaggi, del 1957, fu strettamente personale: la morte del padre di Moro da un lato e l’incidente che aveva procurato a Nenni la frattura di una gamba, dall’altro. I due, che avevano quasi 25 anni di differenza d’età, si davano rigorosamente del “lei” e il rapporto era molto formale ma poi con il tempo e con l’assiduità le cose si sarebbero sciolte.
Sarà Nenni a fare il primo passo e a chiedere, nell’ottobre del 1962, di passare dal “lei” al “tu” e nel settembre 1965, si arriverà anche a un primo biglietto affettuoso di Nenni: «Auguri, caro Moro, per il tuo compleanno. 49 anni! Un sogno per me».

Uno degli esempi più interessanti di cosa significhi un rapporto cordiale anche nelle differenze ce lo mostra un biglietto di Moro che si rivolge a Nenni con garbo anche se è irritatissimo con i socialisti sul caso della Zanzara, il giornale del Liceo Parini di Milano che nel 1966 aveva pubblicato i risultati di un’inchiesta sui comportamenti sessuali degli studenti. Moro scrive risentito: «Consentimi, con amichevole franchezza, di dirti che ha destato in me qualche disagio la tua presa di posizione sulla polemica del giornaletto milanese…», ma poi conclude: «Desidero assicurarti che ci consulteremo con te, prima di assumere un atteggiamento proprio del governo nel suo insieme. Con tanta cordialità tuo Aldo Moro».

Il libro che raccoglie tutte queste carte si intitola “Il carteggio ritrovato (1957-1978)” – Arcadia Edizioni – ed è curato da Antonio Tedesco (direttore scientifico della Fondazione Nenni) e dallo storico Renato Moro, nipote dello statista DC, con due prefazioni scritte dai giornalisti Fabio Martini e Marco Damilano.

Pietro Nenni e Aldo Moro

Come viene ben spiegato nel testo introduttivo di Renato Moro, il primo grande motivo di interesse della pubblicazione di questo carteggio, al di là del tema “antropologico” dei rapporti politici, è di mostrare il contributo fondamentale che il centro-sinistra diede alla modernizzazione del Paese. La collaborazione tra forze politiche diverse e lontane, come la Dc e il Psi, diede vita ad una serie di governi (guidati da Amintore Fanfani prima e Moro poi) negli Anni Sessanta che furono capaci di cambiare la faccia dell’Italia. Questo ci mostra che al di là delle forme, la sostanza è che una politica capace di analizzare la situazione del Paese, di costruire progetti e di prendere decisioni di lunga visione può fare la differenza. Prendo dal libro alcuni dati che lo dimostrano: la percentuale di italiani poveri passò dal 20 al 3,6%; il reddito medio si moltiplicò 4 volte; la speranza di vita alla nascita salì da 65 a 72 anni e il tasso di analfabetismo crollò dal 14 al 6%.

Il cantiere politico e sociale aperto all’inizio degli Anni Sessanta porterà in un decennio a cambiamenti epocali che nemmeno riusciamo ad immaginare: dall’approvazione della legge sulla giusta causa di licenziamento all’obbligo per gli ospedali di ricoverare chiunque abbia necessità di cure urgenti (non era così fino al 1968!), dallo Statuto dei lavoratori alla pensione sociale, dal diritto di famiglia al Sistema Sanitario Nazionale fino all’istituzione delle Regioni con poteri decisionali. Venne istituita la Commissione Antimafia e, nel 1963, venne scritto per legge: «La donna può accedere a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, compresa la Magistratura».

L’attività di governo si basava anche sulla fiducia e sulla riservatezza, come ci mostra questa lettera del 18 novembre 1965, dettata dall’urgenza di affrontare il terrorismo sudtirolese che mirava a staccare l’Alto Adige dall’Italia, riportandolo sotto l’Austria e che tra il 1956 al 1967 fece oltre 300 attentati, provocando ben 17 vittime.

Caro Nenni,
ti prego di voler partecipare lunedì 22 alle ore 10, a Palazzo Chigi, ad una riunione ristretta e riservata, per esaminare la questione dell’Alto Adige, in vista di un prossimo incontro segreto, che avrà luogo prossimamente tra diplomatici italiani e austriaci (…) Ti raccomando vivamente di osservare la più grande riservatezza sia sulla riunione sia sul materiale messo a tua disposizione.
Credimi,
Aldo Moro

I due si rispettano sempre e, anche nel caso di dissensi, riescono alla fine a capirsi. Di fronte a una lettera di protesta di Nenni per un’esclusione da un incontro internazionale, Moro replica pregando Nenni «di voler accettare queste considerazioni come un amichevole contributo per la elaborazione di una linea comune». E Nenni, onestamente, ammette due giorni dopo essersi trattato di «un equivoco o, se Moro preferiva, di un suo errore di interpretazione» di quanto gli era stato detto.
Un ulteriore momento di avvicinamento è la vicenda della malattia della moglie di Nenni, alla quale Moro partecipò con molto affetto. Quando, nel 1966, la signora Carmen morirà, Moro, appena ricevuta la notizia, si recherà immediatamente, la mattina presto, a casa di Nenni, per esprimergli tutta la sua vicinanza personale, per poi tornarvi in serata, accompagnato dalla moglie. Nenni lo ringrazierà, poi, per la visita alla tomba della moglie: «È una piaga la mia che continua e continuerà a sanguinare finché nella tomba raggiungerò la compagna della mia vita».

I due si scambiavano anche regali e libri e gli ultimi documenti sono quelli relativi al rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Il 16 marzo 1978 l’anziano leader socialista manda un telegramma alla moglie del leader democristiano: «Sono con lei e con la sua famiglia et con Aldo Moro nell’angoscia et nell’attesa». Il 28 marzo Nenni annota sul suo diario: «Sono affranto per la sorte di Moro». Il 30 marzo: «Non so pensare ad altro». Dopo il ritrovamento del corpo di Moro, assassinato il 9 maggio, il vecchissimo Nenni scrive nel suo diario: «I nostri rapporti furono cordiali e leali», «abbiamo avuto molti dissensi e nessuno scontro». E su Moro: «Era di una grande lealtà», «per lui l’apertura a sinistra era un fattore fondamentale per la società italiana e non un miserabile espediente come per tanti altri», concludendo con una profezia: «La perdita si farà sentire a lungo».

Il libro “Il carteggio ritrovato”, edito da Arcadia Edizioni, curato da Antonio Tedesco (direttore scientifico della Fondazione Nenni) e dallo storico Renato Moro, nipote dello statista DC, con due prefazioni scritte dai giornalisti Fabio Martini e Marco Damilano

Per capire di che uomini parliamo, riporto qui una testimonianza illuminante del giornalista e scrittore Stefano Godano:
«Il 2 dicembre 1973 è la prima domenica di Austerità varata dal governo di centro-sinistra capeggiato da Mariano Rumor con Aldo Moro Ministro degli Esteri. I provvedimenti di blocco totale delle macchine nei giorni festivi, la chiusura dei negozi alle 18.30 e dei cinema alle 23.00, l’anticipo alle 20.00 del TG1 erano stati presi in seguito alla guerra del Kippur, scoppiata nell’ottobre del 1973, guerra che aveva provocato un fortissimo aumento del costo del petrolio, determinato anche dalla chiusura del canale di Suez. Quello stesso giorno a Roma, a piazza Cavour, all’interno del cinema Adriano, si svolgeva la prima importante manifestazione per il divorzio e un gruppo di giovani, all’esterno, faceva volantinaggio e raccoglieva delle firme per il ritiro delle basi militari americane e sovietiche nel Mediterraneo.
All’uscita del cinema Adriano scorgemmo Aldo Moro che camminava completamente da solo nella piazza verso il capolinea dell’autobus. Era vero che il blocco era molto rigido, ma vedere un Ministro salire sull’autobus oggi ci appare qualcosa di inverosimile. E non finisce qui: mio fratello Marco e io decidemmo all’istante di raggiungerlo e salimmo anche noi su quel bus, consegnandogli il volantino antimilitarista. Moro lo prese in mano, lo lesse con molta serietà e da lì partì un dialogo serrato fatto di domande, di riflessioni, di curiosità, di simpatie reciproche che non potremmo mai dimenticare.
Tutto durò almeno mezz’ora e credo che questo piccolo episodio dimostri chi era Moro, quale attenzione avesse per il pensiero degli altri, quale attenzione avesse per i giovani – anche di fronte alle loro intransigenti posizioni –, quale attenzione politica, ma soprattutto umana, per i suoi referenti, spesso rivali nella vita politica italiana. Ma soprattutto dimostra quanto enorme fosse la sua semplicità e la volontà di dare l’esempio di una cittadinanza piena e senza sconti per nessuno».

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