Già lo so. Sono pronto. Punteranno il dito e inizieranno a dirmi “Ma come? Proprio tu, con la tua carriera immacolata da rockettaro? Tu che disquisivi delle qualità auditive del vinile e pontificavi sui dischi “minori” di Lou Reed? Tu che andavi in giro a spiegare gli Smiths e Miles Davis nei licei, nelle bettole e nei salotti buoni, insomma ovunque, proprio tu hai scritto un libro sulle canzoni di Natale?”. Esatto, proprio io. Perché? Perché le adoro, non posso farne a meno mentre addobbo l’albero, quando programmo il menù del cenone della vigilia (insalata russa e agnolotti: mai senza), mentre sono bloccato in macchina nelle vie del centro assalite dai forzati del regalo, quando infilo il maglione con la renna in rilievo che ogni anno mi sta sempre più stretto. Insomma, sempre.
Il mio calendario dell’Avvento sono le canzoni di Natale che alterno sullo stereo. Invece di aprire una finestrina, appoggio la puntina su un vinile di Elvis, Bing Crosby, Frank Sinatra, di Paul McCartney, dei Beach Boys o degli Wham! C’è solo l’imbarazzo della scelta, perché più o meno tutti hanno cantato una canzone di Natale, ma la cosa davvero divertente è scoprire come e quando. Per questo valeva la pena scriverci un libro, per scoprire cosa c’è dietro alle campanelle da slitta e alle chitarre con il vischio sulle corde, per comprendere il segreto melodico delle nostre festività. Innanzitutto è bene sapere che quasi tutte le canzoni natalizie sono state composte d’estate, a causa di banali motivi “produttivi”: per essere pronte a dicembre dovevano essere immaginate a luglio. Prima fra tutte l’immortale “White Christmas”, scritta da Irving Berlin in un accogliente ma torrido hotel californiano, e anche “Last Christmas” dei Wham!, che fu registrata in uno studio londinese addobbato di lucine natalizie nonostante la stagione estiva.
Io stesso ho scritto il mio libro nei mesi più caldi degli ultimi cento anni. E quindi? Quindi bisogna capire che il Natale è uno “stato dell’anima”, dobbiamo stare al gioco e inventarcelo noi stessi. Non farci troppe domande, non essere selettivi, basta indossare un cerchietto con le corna da renna (a proposito, sapete i nomi delle renne? Ve ne manca uno, come per i sette nani?) ed è fatta. Gioco, dicevamo. Sapete cos’è il Whamageddon? Un gioco, appunto, che costringe chi vi partecipa a cercare di non ascoltare Last Christmas dei Wham! dal 1 dicembre alla mezzanotte del 24 dello stesso mese. Una missione impossibile, a meno che uno viva dentro un cubo insonorizzato fino a capodanno. Feste, centri commerciali, bar, radio: è impossibile sfuggire. Eppure ogni anno sono molti i partecipanti che, una volta beffati anche da pochi secondi di Last Christmas, si arrendono all’abituale “sarà per il prossimo anno” e si autodenunciano pubblicando “#Whamageddon” sui social, triste segnale di resa e abbandono del gioco. Molto più rilassante affidarsi a Mariah Carey che ammicca e ci canta che “All I Want For Christmas Is You” (e noi ci crediamo) o a una delle mille versioni di “Jingle Bells” (la mia prediletta? Quella dei Chipmunks, i tre scoiattoli Alvin, Simon e Theodore: imbattibile). Sappiate che c’è una canzone natalizia perfetta per ciascuno di voi, anche per chi si sente come il Grinch, il personaggio che odia il Natale e tenta di rubare i regali alla vigilia per nasconderli nella spazzatura. Dovete soltanto trovarla. La mia? Presto detto: “Christmas Time Is Here” del pianista jazz Vince Guaraldi.
Come scrivo nel libro: “È forse la più bella canzone di Natale di tutti i tempi. Anzi, forse la più bella canzone del pomeriggio di Natale di sempre. Perché è a feste finite che tiriamo sulle ginocchia una calda coperta di malinconia, è lì che avvertiamo la sensazione del “tutto finito, quindi?”. I giorni di Natale sono una metafora della vita stessa. Elaboriamo progetti, li carichiamo di aspettative, facciamo di tutto per essere pronti, al meglio, scintillanti. E poi? Per quanto le cose siano andate per il verso giusto, un piccolo gusto di delusione lo avvertiamo sempre. Sazi, con i regali, illuminati da luci che non si interrompono ancora, desideriamo forse stare un po’ da soli, cerchiamo di cullarci in quella minuscola sensazione che a che fare con l’anima e che non sappiamo decifrare correttamente. Tutto questo è Christmas Time Is Here”. Non è così per tutti? Fu composta per uno special televisivo dei Peanuts, l’adorabile famiglia cartoon con Charlie Brown, Lucy, Snoopy e tutti gli altri. Che pattinano sotto la neve al ritmo del pianoforte dolce di Guaraldi, di una batteria sfiorata dalle spazzole e del coro dei bambini di una Chiesa episcopale californiana. Si può resistere a tutto questo, anche se rockettari? No, anzi non si deve affatto. Sufjan Stevens, un cantautore americano che tutti dovrebbero amare e che se ne intende parecchio di Natale (ogni anno pubblica una manciata di canzoni a tema), una volta ha detto “Il Natale è ciò che ne fai, e le sue canzoni ne riflettono il mistero e la magia”. Verissimo. Citando un altro grande classico, attenti: Santa Claus sta arrivando in città, quindi fatevi trovare pronti. Sorridenti, eleganti e, soprattutto, con la canzone giusta di sottofondo. Ho Ho Ho!
*Maurizio Blatto è la firma storica della rivista musicale Rumore, nel 2010 ha pubblicato L’ultimo Disco dei Mohicani (Castelvecchi/LIT), quattro anni dopo MyTunes (Baldini & Castoldi) e nel 2021 Sto ascoltando dei dischi (add). A dicembre 2022 è uscito, sempre per add, “Canzoni di Natale”, storia della colonna sonora delle nostre festività. Scrive regolarmente per “La Stampa” e si esibisce in qualità di “divulgatore rock”. È stato definito crooner della critica musicale italiana, spacciatore di vinili e stand up songs comedian. Ha sacrificato una possibile carriera da avvocato in nome di una devozione assoluta verso i dischi (tutti i dischi). Non se ne pente.