Ci sono tantissime storie dietro le opere d’arte esposte nei musei che spesso non possono essere raccontate nelle didascalie ma che non trovano spazio nemmeno nei cataloghi. Così le guardate, le apprezzate e spesso vi portate a casa una sensazione ma non le storie che potrebbero raccontare. Eppure dentro i musei ogni cosa potrebbe parlare e anche tra gli oggetti esposti esistono legami, fili, percorsi.
A Milano, in via Manzoni, c’è un museo che ha la stessa filosofia e per me lo stesso fascino della Frick Collection di New York. Entrambi sono luoghi che si identificano con una vita, una passione e una visione: quella del collezionista che li ha creati.
Nel nostro caso quell’uomo si chiamava Gian Giacomo Poldi Pezzoli e il suo ritratto, dipinto da Francesco Hayez, è proprio all’ingresso della sua casa museo. Ebbe una vita avventurosa, segnata dal sogno di un’Italia unita e di una Milano liberata dal dominio austriaco. La sua partecipazione alle Cinque Giornate del 1848 (Poldi Pezzoli sostenne anche economicamente gli insorti) gli costò un periodo di esilio che lo portò a viaggiare in Europa.
Nel museo sono conservate circa 6.000 opere d’arte tra quadri, statue, oggetti, tappeti, orologi di ogni tipo, gioielli, armi e armature medioevali. Ognuno era stato scelto perché aveva un significato preciso e di una ventina di questi il Museo ha deciso di raccontarne le storie. Sono nati quattro podcast di Chora (li potete ascoltare qui) che sono quattro percorsi negli spazi del Museo seguendo delle suggestioni: viaggio, tempo, moda e segreti. Li ha scritti Silvia Nucini e sono raccontati dalle voci di Luca Bizzarri, Sara Poma, Francesca Milano e dalla mia.
Il mio oggetto preferito, contenuto nella stanza delle meraviglie di Poldi Pezzoli, il luogo in cui raccoglieva gli oggetti esotici e preziosi, è il Nautilus. Definirlo una conchiglia è riduttivo, anche se è una bellissima conchiglia che viene dai mari d’Oriente. La sua forma è una perfetta spirale logaritmica: si sviluppa secondo una regola matematica precisa e armoniosa. Quello che Gian Giacomo acquistò è della metà del Seicento: un raro e grande Nautilus inciso e decorato, come voleva la moda barocca.
Lo strato esterno della conchiglia è stato rimosso, a rivelare la madreperla lucente, su cui sono disegnate figure ispirate a delle stampe di Jacques Callot. Qua e là appaiono piccoli insetti, tratti dai libri di scienze, e c’è uno stemma d’argento, che racconta che questo oggetto raro fu creato per una casa reale, forse gli Asburgo e poi passò di mano in mano, fino a quelle di Poldi Pezzoli che non aveva mai visto i mari del sud, ma grazie al Nautilus li aveva potuti sognare.
Penso a quante immagini riempiono i nostri occhi ogni giorno, saturando la nostra capacità e le nostre possibilità di sognare. Per una persona dell’Ottocento (ma anche per chi di noi è nato prima degli smartphone e dei social) un quadro o un oggetto, come quella conchiglia, potevano rappresentare un mondo e aprire le mille finestre dell’immaginazione.