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7 Agosto 2023

La signora delle comete

Ogni anno, in agosto, alziamo gli occhi alla ricerca delle stelle cadenti e scopriamo il cielo. Per un attimo ci dimentichiamo dei nostri problemi terreni e ci interroghiamo sui grandi misteri dell’Universo. C’è una donna che studia il cielo fin da bambina: si chiama Amalia Ercoli Finzi, ha 86 anni, e mi ha raccontato in un podcast tutte le visioni positive che ha del nostro futuro e le lezioni che ha imparato.
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C’è un periodo dell’anno in cui tutti alziamo gli occhi verso il cielo, cerchiamo le stelle cadenti, scopriamo le costellazioni, proviamo a fotografare (quasi sempre con grande delusione) la luna e per un attimo ci stacchiamo dai nostri problemi terreni e quotidiani e ci interroghiamo su concetti che non riusciamo a comprendere, come l’infinito o i buchi neri. Ho pensato che per accompagnare queste visioni notturne la voce ideale fosse quella di una donna che ha passato ogni giorno della sua vita con la testa oltre le nuvole, è stata la prima laureata in ingegneria aeronautica in Italia e per i suoi studi è chiamata “La signora delle comete”.

Il cielo stellato, la passione di Amalia Ercoli Finzi fin da quando era bambina

Si chiama Amalia Ercoli Finzi, ha 86 anni ma non ha perso un grammo di quella curiosità e di quell’entusiasmo che aveva da bambina quando usciva sul balconcino della sua camera la notte per fantasticare guardando le stelle. Lei non lo faceva solo d’estate, ma in ogni stagione, per la disperazione di sua madre che la trovava al freddo solo con la camicia da notte addosso. 

La signora delle comete passa la sua estate in una casa sul lago, dove la sera si siede all’aperto con il marito e chiacchierano guardando il cielo. Sono andato a trovarla per farmi raccontare la sua vita, piena di passione e di lotte per farsi spazio in un mondo di uomini e, poi, di spiegarmi perché è importante tenere sempre gli occhi staccati da terra. 

È convinta che ci sia altra vita nell’Universo, ma che sia così lontana che non esiste il tempo per comunicare, e pensa che tra meno di vent’anni la prima missione terrestre arriverà su Marte.

La nostra chiacchierata la potete ascoltare qui, nella nuova puntata del mio podcast Altre/Storie.

Amalia Ercoli Finzi si è sempre ribellata alla mentalità prevalente, a partire da quando, dopo il liceo scientifico, i suoi genitori le consigliavano di fare l’insegnante di matematica anziché iscriversi al Politecnico: «Da ragazzina mi dicevano: questa è cosa da donne, oppure non è cosa da donne. Io rispondevo sempre: “Perché?”. E loro mi dicevano: “Perché di no!”. Ma io non l’ho mai accettato e questo mi ha dato la voglia di affermare che non c’è nessuna barriera per le donne: possiamo fare qualunque cosa facciano gli uomini. Ho visto le mie amiche e colleghe sempre troppo preoccupate dal fatto di conciliare gli amici, gli affetti, in particolare il fidanzato che avevano, e poi la famiglia che volevano mettere in piedi con quella che poteva essere la loro professione. Io non mi sono posta il problema perché io sapevo che si poteva fare. Abbiamo fatto tanti passi avanti ma nel mondo della scienza c’è ancora un pregiudizio fortissimo e la tecnologia è l’ultima roccaforte degli uomini. Viene considerata lontana dallo spirito femminile, cosa che non è assolutamente vera, perché noi abbiamo la capacità non solo di guardare le cose con attenzione ma soprattutto di vedere le cose nel loro complesso». 

Amalia Ercoli Finzi è stata la prima laureata in ingegneria aeronautica in Italia e per i suoi studi è chiamata “La signora delle comete”

Il progetto spaziale che ha amato di più e di cui è andata più fiera è la missione Rosetta, lanciata nel 2004 e conclusasi 12 anni dopo: «È stata un’impresa strepitosa che ha mostrato le grandissime capacità dell’Europa: abbiamo dimostrato che si poteva fare una cosa così straordinaria come arrivare a una cometa lontana 500 milioni di chilometri, mettersi nella sua orbita e atterrare sopra. Abbiamo dovuto farlo da soli perché gli americani, che all’inizio avevano deciso di collaborare, si sono tirati indietro perché era una missione estremamente ambiziosa e pensavano che non ce l’avremmo fatta. Invece noi abbiamo provato non solo che l’Europa era capace di farlo, ma anche che l’Europa c’era».

La missione Rosetta ha permesso di fare «dei passi enormi per capire il sistema solare: la cometa si è formata insieme al sistema solare circa 4 miliardi e mezzo di anni fa e ci porta il messaggio del sistema solare primitivo». «Sulla cometa abbiamo trovato molecole organiche che sono la materia prima delle cellule e addirittura un amminoacido, ovvero i mattoni della vita, e quindi è credibile sostenere che le comete siano state i messaggeri che hanno portato la vita all’interno del sistema solare e perché no anche di altri sistemi all’interno dell’Universo». Allora le chiedo se davvero pensa che ci sia vita nell’Universo, lei mi sorride come se le stessi facendo una domanda terribilmente ingenua e scontata e scuote la testa: «Io sono sicura che ci sia la vita altrove. Sono sicurissima, anche solo per ragioni statistiche: ci sono 100 miliardi di galassie e in ogni galassia ci sono migliaia e migliaia di miliardi di sistemi. In ogni sistema ci sono migliaia di miliardi di stelle. Come si può pensare che con questi numeri non ci sia la vita? La vita c’è. Il problema vero è un altro: mettersi in contatto. Non ci sono i tempi. La brevità delle società intelligenti è tale per cui il tempo per mettersi in contatto è assolutamente troppo breve». 


Una suggestiva immagine della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, scattata dalle webcam installate sul Rosetta. L’ESA ha pubblicato online l’archivio completo degli scatti realizzati dalla sonda durante la missione.  Licenza Creative Commons 4.0

Poi, spinta da questo entusiasmo e dall’ottimismo della ragione, mi racconta che è sicura che la prima missione atterrerà su Marte alla fine degli anni Trenta o all’inizio dei Quaranta, ma che sono ancora tantissimi i problemi da risolvere: «C’è un problema fondamentale, un problema astronomico. Si potrà partire per una missione su Marte quando Marte è in opposizione, cioè Sole, Terra, Marte. In questo caso la distanza della Terra da Marte è la più piccola possibile, circa 180 giorni di viaggio. Questo fenomeno si ripete ogni due anni, quindi se noi vogliamo far tornare l’equipaggio col viaggio più corto dobbiamo aspettare due anni. Così, tolti i sei mesi di viaggio, resta un anno e mezzo di permanenza su Marte e quindi bisogna creare un avamposto, probabilmente vivendo in una caverna, e in cui coltivare qualcosa di commestibile e produrre il combustibile che serve per tornare a terra. Infine, penso al problema psicologico di un equipaggio che deve stare due anni vedendo ogni tanto la Terra: sarà felice di vederla, lontanissima e piccolina, ma sentirà anche quanto è lontano».

Durante il nostro incontro, Amalia Ercoli Finzi mi ha raccontato tutte le visioni positive che ha del nostro futuro e le lezioni che ha imparato osservando le stelle

Visto che la notte di San Lorenzo, il 10 agosto, è vicina mi racconta delle stelle cadenti, che non sono delle stelle: «Sono frammenti piccolissimi che fanno parte delle scie lunghissime delle comete. Quando la nostra terra ci passa in mezzo, viene colpita benevolmente da questi piccoli pezzetti che si dissolvono nell’atmosfera e si incendiano. Ci sono dei periodi dell’anno in cui questi fenomeni sono eccezionali: uno è la notte di San Lorenzo, ma l’altro è a gennaio quando c’è una caduta di stelle notevolissima che vediamo poco perché di solito è brutto tempo e nessuno si mette fuori a guardarle. 

La nostra chiacchierata podcast è molto più lunga, ma alla fine le faccio una domanda che mi gira in testa dal momento in cui mi ha aperto la porta: come si fa a invecchiare bene?«Bisogna non accorgersi che si sta invecchiando, cioè lasciar scorrere il tempo e fare le cose a cui si tiene, le cose che si ritengono importanti. Ogni età può essere bella. Ogni età può dare delle soddisfazioni, può avere significato. Quello che si può fare è dare qualche buon consiglio e mandare dei messaggi figli dell’esperienza che abbiamo maturato. Uno mi sta particolarmente a cuore: dai fallimenti si può imparare e si può capire che ci sono sempre i mezzi per andare avanti».

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