L’idea era quella di far parlare una foto, far sentire il suo suono. Ma l’idea era anche di fotografare una voce, una tradizione, un canto. E mettere tutto insieme in una mostra, che accogliesse anche oggetti, documenti, manoscritti. Un progetto nato per ritrarre lingue dalle radici antiche, ma ancora vive e vibranti. Parole e suoni tramandati da generazioni, che resistono all’invecchiamento degli abitanti e allo spopolamento dei paesi. Un viaggio in un’Italia che non fa notizia ma che merita di essere narrata.
Questo progetto multidisciplinare si chiama Voci Nascoste – Le lingue che resistono e attraverso la fotografia e un podcast si concentra su tre lingue antiche: il Patois francoprovenzale in Valle d’Aosta, il Griko in Salento, l’Arbëreshë a Piana degli Albanesi in Sicilia. Tre lingue ancora in uso grazie agli sforzi di coloro che mantengono vive tradizioni secolari e contemporaneità facendo la più semplice delle azioni: parlare.
Due fotografe e un fotografo, Arianna Arcara, Roselena Ramistella e Antonio Ottomanelli hanno vissuto con queste comunità per restituirci un paesaggio visivo e sonoro articolato, dove la fotografia contemporanea si incontra con la storia, la vivacità delle persone e la sacralità dei luoghi, delle feste e dei miti.
Un progetto che è stato ideato da Camera – Centro Italiano per la Fotografia – con Chora Media, realizzato in partnership culturale con il Gruppo Lavazza e curato da Giangavino Pazzola.La mostra che raccoglie le foto sarà visitabile a Torino dal 20 aprile negli spazi di Camera in occasione di EXPOSED Torino Foto Festival.
Nel podcast Voci Nascoste, che completa il progetto ed è stato scritto da Valerio Millefoglie e raccontato da me, ripercorriamo in tre episodi le tappe del viaggio dei fotografi. Ogni puntata esplora il paesaggio visivo, morfologico e sonoro del paese, dalle voci nascoste tra le montagne ai canti tradizionali delle feste popolari, fino ai giovani che arricchiscono il vocabolario di queste lingue antiche con le parole del contemporaneo.
In Valle d’Aosta incontriamo rapper che compongono canzoni in francoprovenzale, amanti della musica che adattano in patois i classici della musica italiana e ragazze giovanissime che scelgono di vivere come i propri nonni e bisnonni, a contatto con gli animali. In Puglia il griko risuona nelle feste estive e nei discorsi nei bar e nelle piazze, dove uomini e donne di ogni età la tengono viva giorno dopo giorno, per evitare di perdere per strada parole e significati. A Piana degli Albanesi, in Sicilia, l’arbëreshë è il suono di una comunità italiana con le radici in Albania, con tradizioni fortissime che si tramandano di madre in figlia nelle trame sofisticate e nelle decorazioni dorate degli abiti da cerimonia.