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6 Aprile 2020

Il luogo dei libri

Un libraio torinese e un editore indipendente di Rovereto spiegano come il loro settore sta affrontando questo periodo di chiusura forzata. Con consegne a domicilio e tante iniziative sui social network. Perché la loro forza è il legame con i lettori
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Alle 10 del mattino Davide è pronto. Oggi 37 consegne da fare e una grande incognita. Dove sarà strada San Martino inferiore? Sulla collina di Torino ci si può perdere, anche se non si perde mai di vista la Mole. La ricerca è durata mezz’ora, ma alla fine il pacchetto di libri è arrivato a casa di chi lo aveva ordinato. A mezzogiorno Davide Ferraris non era ancora a metà del lavoro, ma trasmetteva comunque fiducia e persino un po’ di allegria, che di questi tempi fa bene all’anima. Non è un fattorino di Amazon, ma un libraio indipendente, uno di quelli che in Italia stanno affrontando con fantasia e molto spirito il lockdown imposto dal Covid-19. La sua libreria “Therèse”, in corso Belgio, nello storico quartiere popolare di Vanchiglietta, è chiusa, come tutte. Ma lui la sta animando come si può fare di questi tempi: via WhatsApp e Zoom. «Il nostro punto di forza sono i legami, rapporti a uno a uno, essere un luogo. Se non si può aprire dal vivo, noi apriamo la libreria sullo schermo dello smartphone».

Davide Ferraris, proprietario della libreria “Therèse” a Torino, consegna libri a domicilio ai suoi clienti

E cosa fa? «Racconto i libri ai clienti, li faccio sentire qui con noi. Avevo una buona mailing list, ma in più si è innescato un meccanismo, ci sono state chiamate con la gente sul ballatoio o sui pianerottoli. In questo momento in cui siamo distanti, tutti sentono il bisogno di occupare uno spazio sociale, tornare a quella particolare esperienza umana che è la libreria. E allora io metto un avviso sui nostri social: chi vuol essere chiamato domani?».

C’è della poesia, ma c’è anche molto lavoro. E quindi ogni videochiamata termina con un ordine. «Io non metto limiti, consegno anche un tascabile di 8 euro. Però i clienti di “Therèse” sono generosi, la media è di tre-quattro volumi a ordine, consegno a prezzo di copertina e funziono meglio di Amazon, che oggi mi dicono ci mette anche quattro giorni. Io arrivo il giorno dopo».

E cosa ne pensa Davide dell’idea di aprire le librerie lanciata da una raccolta di firme di intellettuali e giornalisti? «Se mi permetti la parola, la considero una “cazzata”, l’idea della farmacia dell’anima mi fa rabbrividire, è ridicolo, démodé e new age. In questo periodo abbiamo bisogno di non andare in giro. E poi, diciamo la verità, i veri lettori sono pieni di libri che non hanno letto». Il motto della libreria, come si vede sulla home page del sito libreriatherese.it a questo proposito è ironico e anche autoironico: che te ne fai di tutti quei libri?

Eh già. Ma intanto Davide ha pronunciato il nome fatale. Come la mettiamo con Amazon? «Sono sincero: non l’ho mai considerato un problema, gioca una partita diversa, con regole del gioco diverse. La nostra forza è essere un luogo. Quello che stiamo facendo è il punto di arrivo di un lavoro che dura da anni. Ho messo online il nostro inventario, tredicimila volumi, e ho detto a tutti: guardate e scegliete».

Funziona? «Non posso dire che è come se la libreria fosse aperta, ma funziona circa al 40 per cento del normale, che non è poco. Noi siamo in tre, io con la mia socia Sara e la commessa Bianca, che è in cassa integrazione. Stiamo sperimentando un modello che certamente porteremo avanti anche dopo l’emergenza. Io credo che la libreria del futuro funzionerà in parte così».

È chiaro che la crisi rivela ancor di più i limiti del sistema, in particolare i vincoli della distribuzione governata da pochi soggetti in cui sono imbrigliati anche gli editori. Davide Ferraris mi fa un esempio molto pratico: «I rifornimenti ci sono, ma il distributore può consegnare solo in libreria. Mi semplificherebbe la vita se me li portasse a casa, ma non si può. Ecco una rigidità che oggi diventa un ostacolo assurdo».

Roberto Keller, editore indipendente di Rovereto. Nel 2008 è stato il primo a pubblicare in Italia Herta Müller, poi vincitrice del Premio Nobel (foto di Lucia Baldini)

Cosa ne pensa un editore? Prendiamo Roberto Keller di Rovereto, 50 anni, una piccola casa editrice fondata nel 2005, cinque persone in squadra, un’attenzione particolare all’area mitteleuropea, una capacità rabdomantica di scovare autori appartati e testi stupefacenti, come avvenne nel 2008 con “Il paese delle prugne verdi” di Herta Müller, che l’anno dopo si prese il Nobel. Ma nel suo catalogo si trovano longseller di grande qualità firmati da Ota Pavel come da Martin Pollack. Fiction non fiction, due libri al mese circa, gli ultimi già stampati, ma per ora bloccati in magazzino come il nuovo romanzo dell’ucraino Andrei Kurkov, “La pallottola in cerca dell’eroe”, e la riedizione dei primi due volumi della sua trilogia sull’Urss, “Geografia di uno sparo solitario”, con le copertine affidate a Roberto Abbiati.

Dice Roberto Keller: «Questo lockdown ci ha comunque dimostrato che la vendita “per corrispondenza” ha potenzialità anche per le librerie e per gli editori e dovrebbe essere una cosa su cui riflettere nel futuro, soprattutto facendo incontrare la specificità dei punti vendita e delle sigle editoriali con la possibilità di far arrivare a casa i libri».

Insomma, Davide Ferraris non è il solo. «Con la chiusura delle librerie – dice Keller – si sono moltiplicate le iniziative: librai che si sono messi a fare consegne a domicilio, editori che hanno fornito con diverse modalità ai librai la possibilità di spedire quasi gratuitamente a casa dei lettori i libri, come noi, Voland e molti altri che l’hanno offerta con piccole differenze ai librai. La proposta che alla fine ha raccolto la maggiore adesione di librai ed editori è quella di Nw Consulenza e Marketing Editoriale, “libridaasporto”, che prevede la creazione da parte degli editori di un fondo che permetta a tutte le librerie aderenti di poter spedire gratuitamente i libri a chi li acquista da casa. Ecco questo meccanismo del libro acquistato nella libreria indipendente che arriva direttamente a casa del lettore potrebbe essere un progetto sul quale lavorare per renderlo efficiente e sostenibile anche al di là dell’emergenza».

È chiaro che un editore come Keller, che rientra a pieno titolo nell’etichetta “di qualità”, deve fare in modo che la crisi apra nuove possibilità e non ne chiuda di consolidate: sì alle consegne dirette a domicilio difendendo però il ruolo dei librai indipendenti senza demonizzare Amazon che a marzo ha segnato per l’editore di Rovereto una crescita importante.

Sulla riapertura delle librerie Keller è prudente: «Quando ci sarà la possibilità va fatta in modo sicuro, personalmente sono molto colpito da ciò che stiamo vivendo. Il rispetto che si deve portare al tanto dolore, a dedizione e sacrificio di queste settimane sta anche nell’accettare il giudizio degli esperti e le indicazioni del governo».

Ma compito dell’imprenditore è anche quello di superare le rigidità assurde come quella che diceva Davide. Cosa si sta facendo nel laboratorio di Keller? «Stiamo cercando di superare il distanziamento con gli strumenti digitali, attraverso le newsletter, ma anche offrendo contenuti e “voci” e “volti”, ossia esperienze e relazione. Lavoriamo per esempio su “Vitamina K” che offre brevi podcast e sta preparando un calendario di dialoghi e incontri non autoreferenziali destinati a durare nel tempo: si parlerà di traduzione, di terre e vini, di storie, di reportage, di geografie e di confini, che è da sempre il nostro tema principale, e sempre di libri che in qualche modo incrociano tutti questi argomenti».

Da questa crisi ci saranno sommersi e salvati, ma quello che non può succedere nel mondo dell’editoria è che tutto cambi perché non cambi nulla.

*Cesare Martinetti (Torino, 1954), giornalista dal 1976: “Gazzetta del Popolo”, Ansa, “la Repubblica”. A “La Stampa” dal 1986. Inviato, corrispondente da Mosca, Bruxelles e Parigi, vicedirettore. Due libri, “Il padrino di Mosca” (1995) e “L’autunno francese” (2007), entrambi editi da Feltrinelli.

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