*di Silvia Nucini
Gli appassionati sono come gli innamorati: finisce sempre che si lasciano scappare qualcosa sul loro oggetto d’amore. Anche se si parla d’altro, anche se non c’entra. E, proprio come gli innamorati, hanno voglia di raccontarti tutto. Soprattutto delle loro passioni che nessuno immagina.
Essere appassionati, nella vita, è una grande fortuna: non tutti la incontrano, la passione; non tutti sanno riconoscerla, praticarla, tenersela stretta. Però, dopo anni di osservazione empirica dell’umanità, credo di poter azzardare una teoria: quando si apre il cuore a una passione, spesso ne arriva anche un’altra. Mi pare sia una questione meccanica, matematica: un po’ come l’amore della mamma che non si divide ma si moltiplica. Insomma, chi ha una grande passione di solito ne ha anche un’altra che sta nell’ombra.
Il mondo è pieno di attori che adorano la recitazione, cantanti che vivono per la musica e sportivi che amano la competizione. Tutte persone che hanno incontrato la loro passione e ne hanno fatto il centro della loro vita e della loro identità. Ma davvero basta questo a raccontarli?
Mentre scrivo è online la centoseiesima puntata di Voce ai Libri, il podcast che curo da due anni e tre mesi. Centosei incontri con scrittrici e scrittori che mi hanno raccontato le loro opere e loro stessi. E che mi hanno convinta che dietro la loro ossessione per la scrittura ci fosse praticamente sempre dell’altro. Un’altra passione che li tiene vivi, accesi, che alleggerisce il peso delle parole o che è palestra e ispirazione per il loro scrivere.
Così è nata l’Altra, la serie podcast che racconta l’altra passione di chi ha (già) una grande passione e che dal 6 agosto per 5 settimane ogni martedì sarà disponibile su tutte le piattaforme audio.
Mi è venuto naturale partire per questo viaggio proprio con le scrittrici e gli scrittori.
La prima puntata è dedicata alla boxe, “l’altra” passione della scrittrice Romana Petri, (Tutto su di noi è il suo ultimo romanzo) un interesse che è nato prestissimo, e per amore di suo padre, il cantante lirico Mario Petri.
«La mia passione per la boxe nasce quando a 14 anni la professoressa di francese ci lesse Corrispondenze la poesia di Baudelaire in cui spiegava come la grande spiritualità poteva essere raggiunta solamente attraverso i sensi. Mi sono molto commossa perché ho pensato a mio padre che a 17 anni è fuggito da Perugia per venire a Roma a studiare canto, e per pagarsi le lezioni cantava la sera nei night ed è diventato pugile professionista, peso massimo. E quindi l’idea che mio papà, per fare il mestiere degli angeli, cioè cantare, usasse i muscoli, i tendini, il sangue, il fiato, tutte queste cose profondamente corporali, ha fatto sì che io a un certo punto tornassi a casa e dicessi a mia madre: basta, mi sono stufata di fare la danza classica, non è per me. Voglio fare la boxe».
Racconta Petri, che segue gli incontri e si allena ogni settimana, che è convinta che le sue due passioni abbiano moltissimo a che fare l’una con l’altra. «Io credo che la scrittura debba essere esercitata esattamente come i muscoli». E aggiunge «Quando ho finito di scrivere un libro, lo prendo a pugni, e lui si deve difendere».
Sempre sport, ma di tutt’altro genere, l’altra passione di Luca Bianchini (l’ultimo romanzo è Il cuore è uno zingaro), scrittore fanatico del tennis da guardare e da giocare. Avvantaggiato perché mancino, ma svantaggiato da un difetto rilevante: «Purtroppo sono bravo in una diretta tv, sono bravo in un esame all’università, in genere supero sempre la paura, ma se c’ho la palla break a tennis, io lì faccio l’errore clamoroso, sono un cagasotto».
Forse per questa debolezza personale, apprezza molto il lato “drama” del tennis. «Se c’è una cosa che a me fa affezionare, nello sport, sono i campioni che iniziano a perdere». Così ha iniziato a tifare Steffi Graf durante una finale di Roland Garros contro Monica Seles. Una finale in cui Steffi ha giocato male, perché preoccupata per dei gossip su suo padre. Steffi poi l’avrebbe incontrata dal vivo, in un giorno surreale, a Torino «Lei era in campo e si allenava col cappotto e io non pensavo che lei esistesse al di là del gonnellino».
Sempre fisica ma meno agonistica l’altra passione della vincitrice del premio Strega 2024, Donatella di Pietrantonio (ha vinto con il suo ultimo libro: L’età Fragile), che ama camminare. Ma, racconta, non è stato un amore a prima vista: «Da bambina dovevo camminare per forza. Dovevo spostarmi in quel modo. Il cammino, per me era una costrizione, cioè camminavo solo se ero obbligata. Io poi, da adulta sono stata di quelle persone che prendevano la macchina anche per andare a comprare il pane sotto casa. E ho riscoperto il cammino durante il lockdown. Costretta in casa, facevo giretti del quartiere e poi piano piano ho allungato le camminate e camminare è diventata una dipendenza».
Una pratica quotidiana che l’ha riconnessa con aspetti di sé dimenticati: «Ho fatto pace col corpo; non ho mai avuto un buon rapporto con lui, semplicemente perché non sono mai stata bella. Ecco, camminare mi ha fatto riscoprire il mio corpo».
L’astrologia è invece l’amore nemmeno troppo segreto di Melissa Panarello, autrice di Storia dei miei soldi. Lo scopre una decina di anni fa, per una coincidenza: «Ero fidanzata con un uomo che era nato il mio stesso giorno, del mio stesso mese, il 3 dicembre, però di un altro anno. Pensavo: siamo tutti e due Sagittario, dovremmo essere uguali, no? Sagittario ama l’avventura, la filosofia, il viaggio. Lui non c’entrava niente con tutto questo. Non era assolutamente simile a me». Così inizia a studiare e scopre che l’oroscopo è solo una piccolissima parte dell’astrologia, la cui definizione più bella l’ha data Jung: «È il dialogo con gli dèi interiori, cioè come il cielo dialoga con noi e come noi dialoghiamo col cielo. È questa corrispondenza che poi crea la nostra storia, la nostra unicità». Ma ha un legame con la scrittura? «L’astrologia è un modo per raccontarsi la propria storia, come la psicanalisi e come la letteratura», ne è certa Panarello.
Dare consigli d’amore è la passione di Ilaria Gaspari, filosofa e scrittrice (il suo ultimo romanzo è La reputazione), una passione che potrebbe rientrare nelle normali funzioni dell’amicizia, ma che lei ha portato a livello pro. «Ho iniziato da bambina, origliando le confidenze delle amiche di mia mamma e facendomi delle idee su cosa avrebbero dovuto fare in quel caso o quell’altro. Qualche volta lo dicevo anche ad alta voce. Sono state loro, per prime, a dirmi che avevo un talento». L’arte del consiglio amoroso, così come lo interpreta Gaspari, va esercitata con cautela «Non dico mai: devi fare così. Preferisco ragionare insieme a chi mi chiede un parere». Il suo talento più grande, racconta, è però quello di creare coppie. «Dovrei essere studiata dalle app di dating: ho un istinto per le affinità più nascoste. Ma non lo rivelo mai agli interessati: non c’è fallimento più sicuro di creare aspettative. Io invece la penso come la canzone di Tenco: mi sono innamorata di te perché non avevo niente da fare. Le cose succedono quando non le aspetti».
*Silvia Nucini è giornalista e autrice. È stata per 18 anni caporedattrice storie di Vanity Fair. Ora le racconta in molti posti e in molte forme. È autrice del podcast settimanale “Voce ai libri”.