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23 Dicembre 2022

Se un tortellino può fare una rivoluzione

La mia favola di Natale è la storia di una nonna che fa sedere accanto a sé il nipote autistico e gli insegna a fare i tortellini, un gesto che costruisce un sogno che oggi aiuta 26 ragazzi a trovare una strada di autonomia. Per raccontarvela sono andato a Modena e ho suonato alla porta di un laboratorio che si chiama "Tortellante". Mi hanno aperto e mi hanno raccontato la loro rivoluzione tranquilla
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Questa storia comincia due giorni prima del Natale 2016, intorno al tavolo della cucina di una casa di Modena, quando nonna Emilia che, come ogni anno, stava preparando a mano i tortellini per il pranzo del 25, ha fatto sedere accanto a lei quel nipote ormai adolescente che non comunica da quando è nato e vive in un mondo tutto suo. Ha cominciato a mettere davanti a lui i pezzetti di sfoglia da riempire e poi da piegare. Piano piano il nipote ha cominciato a ripetere i gesti della nonna e con sempre più cura e precisione ha preparato i suoi tortellini. Un piccolo miracolo per Paolo, che ha una forma di autismo importante, e una sorpresa fertile e commovente per sua madre Silvia che grazie a quel gesto avrebbe immaginato una piccola rivoluzione.

La preparazione artigianale dei tortellini richiede tecnica, precisione, metodo e coordinamento. Ma anche calma e nessuna fretta

Silvia, che di cognome fa Panini ed è una delle figlie di Franco Cosimo, l’inventore degli album delle figurine, la mattina dopo raccontò tutto alla sua amica Erika Coppelli, presidente di un’associazione di sostegno per le famiglie che hanno figli nello spettro autistico. Da tempo cercavano di dare vita a un progetto che riempisse quel vuoto sociale in cui cadono quei ragazzi quando diventano maggiorenni e finisce la scuola. Un luogo che fosse una vera alternativa ai parcheggi assistenziali che vanificano tutto il percorso e gli sforzi fatti per anni. Immaginarono un laboratorio di nonne e ragazzi, un nuovo tipo di terapia riabilitativa per conquistare indipendenza e autonomia attraverso un lavoro antico e tradizionale: la fattura dei tortellini.

Decisero di chiamarlo il “Tortellante. Erika trovò una sede e cominciò a strutturare il progetto, pensò che per avere funzione educativa servisse un comitato scientifico, convinse un neuropsichiatra infantile, Franco Nardocci, a guidarlo e reclutò tre coordinatori del progetto, due psicoterapeuti e un tecnico di riabilitazione psichiatrica.

Erano pronte, avevano deciso di iniziare con 8 ragazzi ma si presentarono venti famiglie di Modena e provincia, non riuscirono a dire di no a nessuno e oggi al progetto partecipano 26 ragazzi tra i 17 e i 29 anni. A loro si sono aggiunti dodici educatori e terapisti e per ogni ragazzo c’è un progetto di vita cucito sui suoi bisogni. Poi hanno cercato le nonne, le hanno trovate nel quartiere, pensionate che soffrivano la solitudine e l’isolamento e che ora vengono con le amiche per insegnare e affiancare i ragazzi.

Le ragazze e i ragazzi di Tortellante qui insieme alle redzore, le signore modenesi che custodiscono il segreto della pasta fresca, e allo chef Massimo Bottura

Quel luogo che avevano sognato Silvia e Erika oggi è una realtà e ha una nuova sede all’ex Mercato Ortofrutticolo di Modena. Ci sono arrivato in una mattina nebbiosa e fredda, non avrei mai immaginato che dietro quella porta con la scritta Tortellante avrei incontrato una delle esperienze più belle, emozionanti e ben fatte che mi sia capitato di conoscere.

Intorno ai tavoli c’erano già una dozzina di ragazzi insieme alle nonne, al lavoro per preparare i 15 chili di tortellini che si producono ogni giorno e che vengono venduti per pagare il team scientifico e gli educatori. All’inizio dell’anno nuovo si ingrandiranno e apriranno anche un negozio dove vendere i tortellini, con l’obiettivo di dare uno stipendio anche ai ragazzi.
Li osservo, sono concentrati e hanno dato un senso a un lavoro che è meccanico e ripetitivo, ma è un lavoro vero e dignitoso. Il valore del progetto è stato chiaro quando alla fine del primo giorno del Tortellante ognuno è tornato a casa con i tortellini che aveva preparato e che sono diventati la cena della famiglia. Un gesto che ha riempito di orgoglio tutti.

Quando mi sono seduto tra loro, uno dei ragazzi si è alzato e mi ha preparato un caffè, era Charlie, il figlio di Lara Gilmore e dello chef più famoso del mondo, Massimo Bottura. Lara è la prima persona che Erika e Silvia hanno coinvolto, anche lei si interrogava sul futuro di Charlie e quando le ha ascoltate ha pronunciato una sola parola – “Fantastico!” – ed è diventata uno dei motori dell’iniziativa. Oggi i tortellini fatti dai ragazzi si possono mangiare anche nei quattro ristoranti di Bottura, che ha accettato di diventare testimonial del progetto, lui che è nato sotto il tavolo della nonna che tirava la sfoglia.
A guidare la cucina c’è Loretta Leonardi, che distribuisce sui tavoli il ripieno di Modena che ha appena preparato, un impasto di carne di maiale cotta (a Bologna la usano cruda e il tortellino deve cuocere di più), mortadella, prosciutto e tanto parmigiano.

I ragazzi e le ragazze nei laboratori di Tortellante imparano a fare i tortellini

Le nonne sono sedute sempre accanto, mai davanti, un dettaglio fondamentale come mi spiega Silvia: «Non bisogna mettersi di fronte alla persona autistica e cercare di parlargli, provare a sostenere un discorso, sarebbe un fallimento. Ma bisogna mettersi accanto e lavorare con loro, allora nasce una relazione feconda. Penso al mio Paolo, non sa parlare, non sa scrivere e non sa contare, ma è un drago a fare i tortellini».
Erika mi racconta come il tortellino non sia il fine ma il veicolo per includerli nella società e per insegnargli a socializzare, tanto che dopo il lavoro si fermano a mangiare e sopra il laboratorio c’è un appartamento che è una palestra di autonomia. I ragazzi lo frequentano il pomeriggio e poi il sabato sera, a turno, si fermano a dormire. Imparano a fare la doccia, pulire la casa, fare da mangiare. Imparano a immaginare un futuro senza genitori, a sperimentare quell’autonomia che un giorno sarà indispensabile.

“La rivoluzione tranquilla” è i titolo del podcast prodotto da Chora Media per Tortellante. Narrata da Enrico Brizzi, e scritta insieme a Ilaria Orrù. Potete ascoltarlo cliccando qui

Questa meravigliosa storia di Natale meritava di essere raccontata anche con le voci delle protagoniste e così è diventato un podcast narrato dallo scrittore Enrico Brizzi, intitolato “La rivoluzione tranquilla” e realizzato grazie al sostegno di “Mini”, marchio Bmw che supporta la diffusione di progetti di inclusione sociale.

Il piatto di tortellini alla crema di parmigiano che mi ha preparato Loretta a metà mattina al posto del caffè

A metà mattina, invece di un secondo caffè, Loretta mi ha preparato un piatto di tortellini alla crema di parmigiano, i migliori che abbia mai mangiato, poi però si è raccomandata: «A Natale però si mangiano in brodo. Rigorosamente di cappone».

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