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21 Febbraio 2020

Olimpia Zagnoli
Il coraggio di restare

Come si diventa una delle illustratrici più richieste al mondo studiando in Italia e scegliendo di restarci a vivere? Esiste la possibilità di farcela senza fuggire? Per capire il percorso di Olimpia Zagnoli mi sono infilato in un cortile poco lontano dalla Darsena di Milano, lì dove i Navigli si incrociano.
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Come si diventa una delle illustratrici più richieste al mondo studiando in Italia e scegliendo di restarci a vivere? Esiste la possibilità di farcela senza fuggire?

The Newyorker

Per capire il percorso di Olimpia Zagnoli, 35 anni, una testa riccia e due grandi occhiali tondi, mi sono infilato in un cortile poco lontano dalla Darsena di Milano, lì dove i Navigli si incrociano. In uno studio che divide con altre tre persone, Olimpia – autrice dell’illustrazione di questa newsletter – mi ha dato le sue risposte che mescolano fiducia in sé stessi, curiosità e contaminazione.

OSARE: Quando ho cominciato a lavorare, l’illustrazione non se la passava bene in Italia, molte riviste e quotidiani non la prendevano nemmeno in considerazione. Ma io volevo fare questo lavoro a tutti costi. I riferimenti di editoria più attenta all’illustrazione erano americani: il “New York Times” e il “New Yorker”.

A 23 anni, nel 2007, ho messo insieme tutti i miei disegni, ho costruito un portfolio e sono partita. Una settimana a New York. La mia prima volta. Sono andata a bussare al “New York Times”. Avevo tre indirizzi e-mail, avevo scritto a tutti: «Buongiorno, mi chiamo Olimpia Zagnoli, sono un’illustratrice italiana, sono in città per una settimana e vorrei poter mostrare il mio lavoro. È possibile avere un appuntamento?»

Uno di quelli mi rispose subito: «Venga domani alle 16». Un miracolo. Guardò i miei lavori e poi decise di mettermi alla prova: mi chiese un piccolo disegno per la pagina degli editoriali, lo pubblicarono. Un quadratino in bianco e nero che significò toccare il cielo. Se me lo pagarono? Certo e anche subito. Poi ne feci altri cinque o sei. Allora tornai per tre mesi a Manhattan e questa volta contattai il settimanale “New Yorker”, anche qui mi fecero provare e mi conquistai un quarto di pagina a colori.

Inutile dire che avevo mandato centinaia di mail anche in Italia ma pochi mi avevano risposto. (Da quel momento è stato un crescendo costante: quel primo biglietto da visita americano l’ha aiutata a trovare ascolto, “Internazionale”, “Io Donna” e “Repubblica”; i lavori si sono moltiplicati negli anni fino al culmine dell’estate scorsa, solo nel mese di luglio Olimpia ha fatto due copertine del “New Yorker”).

MILANO: Perché non sono rimasta in America, perché non sono scappata dall’Italia?

Mi sono trasferita a Milano da Reggio Emilia quando avevo sei anni, all’inizio è stato molto difficile, Milano mi appariva molto grigia, molto triste e poco attenta ai bambini. A Reggio Emilia il bambino è il re della città. Mi sembrava che mi avessero portato in un luogo senza confini, dove c’era il mito totale della televisione e nessuno giocava per strada. Io ero una selvaggia, ci ho messo molto tempo ad amare questa città, ma penso che sia cambiata con me, perché oggi è completamente diversa.

E poi questo è il posto dove hanno vissuto persone che per me sono esempi assoluti: Bruno Munari, Enzo Mari, Bob Noorda, Lora Lamm. Se loro hanno lavorato così bene qui tra gli anni Cinquanta e Settanta e se hanno dialogato così intensamente con questa città significa che c’è qualcosa di speciale, c’è una tradizione. È la capacità di Milano di tenere insieme la qualità della vita italiana con la forza di una città produttiva.

Milano di Olimpia Zagnoli

CONNESSIONI: A Milano si possono sviluppare idee parallele, non è tutto settorializzato come negli Stati Uniti, qui ci sono connessioni continue tra l’arte, la grafica, la moda, il design, l’editoria e l’architettura. Qui è possibile mescolare lavori editoriali con lavori più commerciali ma sperimentali. Faccio copertine di libri, giornali, riviste, guide, ma anche lavori per Apple, Barilla, Fiat, Perugina, Illy, Uniqlo. In Italia adesso lavoro bene con quasi tutti i clienti, li trovo curiosi e attenti e paradossalmente più coraggiosi di altre realtà americane che un tempo mi sembravano così avanti.

SINTESI: All’inizio i miei disegni erano caotici. Se hai un testo da illustrare ci sono tanti spunti, io mi preoccupavo di mettere un po’ tutto ma così non emergeva niente. Poi ho capito la lezione fondamentale: il messaggio deve essere chiaro, diretto, di semplice lettura. L’esercizio è trovare una cosa rilevante, un passaggio del testo, anche solo una sensazione da tradurre in immagine. Bisogna lavorare per sottrazione.

Amo la sintesi: è un valore in sé, quasi un valore assoluto, un esercizio che tutti dovrebbero provare. Ogni giorno fare meno cose, ma meglio, e dire meno cose, magari pensandole di più.

DIVERSITÀ: Cosa consiglio di studiare a un ragazzo? Non voglio che suoni snob ma io volevo fare il liceo artistico per disegnare tutto il giorno, mia madre invece mi ha obbligata a fare il classico, io ho fatto molta fatica ma sono sopravvissuta. Ho continuato a disegnare per conto mio, ma essermi dedicata ad altro, penso al greco, al latino, alla filosofia, materie in cui non ero proprio un asso, mi ha dato degli elementi che penso siano stati fondamentali. Poi sono andata allo Ied. Iper-specializzarsi da subito è un problema, è importante essere aperti a tante cose diverse.

CURIOSITÀ: Bisogna essere curiosi, aggiornarsi su tutto, sfogliare libri, riviste, vecchie pubblicazioni, andare nei musei, negli archivi e da tutto questo trarre ispirazione. Cercare di sfuggire dalla bolla social in cui vedi sempre le stesse cose, quelle che piacciono alle persone della tua età, del tuo ambiente, che hanno i tuoi stessi gusti. Il lavoro di selezione l’ha fatto il social per te, invece lo devi fare tu in biblioteca, in libreria, per strada. Devi fare tesoro delle cose che non conosci. Espandere al massimo le tue fonti.

SOSTANZA: Il problema che mi pongono in tanti è come far vedere il proprio lavoro. Non lo ritengo un problema attuale, con Instagram puoi portare le tue immagini nel mondo; il problema è fare dei bei lavori, non preoccuparsi della diffusione.

BISESTILELa prossima settimana Olimpia Zagnoli festeggerà il suo trentaseiesimo compleanno, è solo la nona volta che lo può fare il giorno giusto, è nata il 29 febbraio. Auguri per quest’anno e per i prossimi tre!

Alla fine del nostro incontro chiedo a Olimpia di raccontarmi l’illustrazione che ha fatto per questa newsletter.

Il mio lavoro è nato dal ragionamento sulla tua idea che ci sono altre storie da raccontare. Ho pensato di creare un gioco come il telefono senza fili, in cui le persone vivono le storie e le modificano, aggiungono dettagli. Mi piaceva l’idea di una relazione forte tra le persone che si scambiano commenti e ragionano su una notizia. Mi piaceva creare caratteri molto diversi, anche dal punto di vista visivo. L’impronta di base, come vedi, è comune, perché siamo tutti uguali, ma poi ognuno ha la propria identità.

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