Di questa storia un’immagine mi è tornata in mente in continuazione, quella di un ragazzino che resta chiuso in casa da solo per mesi a guardare Napoli dalla finestra, per paura di uscire, per paura di essere ucciso. Non sa dove andare, gli portano da mangiare ogni giorno e lui aspetta, ma non sa nemmeno cosa. Il padre è stato arrestato: era il più importante boss della camorra, ma lui che è il figlio più piccolo se lo sono dimenticato indietro. Quel ragazzino, che non diventerà mai un camorrista, che sceglierà la sua strada di libertà, si chiama Salvatore, figlio di Luigi Giuliano, l’uomo che aveva sconfitto Raffaele Cutolo.

La prima a parlarmi di Salvatore è stata Floriana Bulfon. Floriana è una giornalista, si occupa di criminalità e di mafia, l’ho conosciuta anni fa quando mi ha proposto un’inchiesta sul clan dei Casamonica, era una storia fortissima. Questa volta però me ne raccontava una ancora più eccezionale: la storia del figlio di un boss che è cresciuto in una casa in cui i pavimenti venivano lavati con l’acqua di colonia, che ha conosciuto Diego Armando Maradona, ha fatto il bagnetto nella stessa piscina a forma di conchiglia dove il più famoso calciatore del mondo si faceva fotografare con ragazze e camorristi, ha assistito a feste principesche, ha visto suo padre lanciare mazzi di banconote dal balcone di casa, è andato in giro per Forcella a cavallo, ha visto nascere il calcio scommesse e i neomelodici, un bambino a cui hanno regalato un cucciolo di tigre invece di un cane.
Un bambino che crescendo aveva imparato a conoscere l’altra faccia dello sfarzo e della ricchezza: la paura, gli arresti, il sangue, le vendette e la solitudine.
Un ragazzo che aveva scelto da che parte stare e di andarsene appena possibile da quel mondo.


Floriana aveva incontrato Salvatore in una piazza della periferia romana, di lui gli aveva parlato un cantante, Lucariello, che faceva volontariato nel carcere minorile di Nisida. Fino a quel momento Floriana non sapeva dell’esistenza di Salvatore, ma ovviamente conosceva la storia di suo padre Luigi. Per chi lavora su questi argomenti è praticamente impossibile non essersi imbattuto nel clan Giuliano, forse il più famoso di tutta la camorra.
Salvatore, dopo alcuni incontri in cui i silenzi avevano occupato la maggior parte del tempo, aveva cominciato a raccontargli la sua vita e Floriana era venuta a propormi di farne una storia diversa da tutte quelle che aveva scritto fino a quel momento, una serie podcast capace di raccontare la vita di una famiglia di un boss di camorra, la devastazione, l’amore per Luana – figlia di un clan avversario – che lo salva, lo sforzo per fuggire e ricostruirsi una nuova esistenza.
Così è nata questa serie che si chiama “La Tigre”, scritta da Floriana Bulfon e Gianluca Di Feo e raccontata dalla mia voce. Sono otto puntate che portano dentro un mondo difficilmente immaginabile, che partono da un bimbo di sette anni che fino a quell’età è stato cresciuto da una cugina della madre perché i genitori sono latitanti. Un bambino il cui primo ricordo è quello del padre che gli spacca a bastonate un giocattolo: una piccola moto della polizia con la sirena. Un affronto per un boss criminale.
Il podcast attraverso le voci dei testimoni racconta anche l’ascesa criminale di Luigi Giuliano, detto “Loveggino” un uomo bellissimo con occhi azzurrissimi, che sembra un attore di altri tempi. Un uomo che fa fortuna con il contrabbando di sigarette ma poi capisce che i soldi si possono fare con il gioco: il toto nero e le scommesse sul calcio. Un fiume di miliardi che reinveste in decine di nuovi business, a partire dai falsi.
A Napoli li hanno sempre fabbricati, ma Luigi Giuliano li trasforma da artigianato in industria, con un’organizzazione identica a quella delle multinazionali: si produce nel Paese dove costano di meno e si vende in quello dove si guadagna di più. Si falsifica qualsiasi cosa: abiti, cd, scarpe, borse, trapani, scooter, batterie, giocattoli. Dalla fine degli anni Ottanta, quest’affare diventa l’altro mondo della camorra: la cocaina è la ricchezza importata dall’Atlantico; i falsi arrivano dal Pacifico.

Quando però le luci si spengono, quando il padre si consegna alle forze dell’ordine, quando l’omertà si spezza e i fratelli di Luigi cominciano a collaborare con la giustizia, allora il mondo dei Giuliano crolla e quel ragazzino ci resta sotto. Allora tra dolore e disperazione comincia una nuova vita, una ripartenza che può essere simbolo di molte cose, ma soprattutto della possibilità di scegliere chi vogliamo essere e come vogliamo vivere.