di Leonardo Bizzaro*
Settant’anni fa, alle sei di sera del 31 luglio 1954, stravolti dalla fatica due uomini si abbracciano sulla vetta del K2. Sono i primi a essere saliti lassù, a 8.611 metri, un’altitudine vertiginosa che fa della cima del Karakorum la seconda montagna più alta della Terra. Sono Lino Lacedelli, 29 anni, di Cortina d’Ampezzo, noto scalatore delle Dolomiti, e Achille Compagnoni, classe 1914, di Santa Caterina Valfurva, alta Valtellina, che da diversi anni è guida alpina in Valle d’Aosta. I due alpinisti sono la cordata più avanzata della spedizione nazionale italiana che da tre mesi assedia il K2, una tra le montagne più belle, ma anche tra le più difficili e pericolose del mondo.

Il gruppo degli scalatori, capeggiato dal professor Ardito Desio, geologo di fama internazionale, nel corso di parecchie settimane ha preparato con cura la salita finale alla vetta: ben nove campi d’alta quota lungo la cresta sud est, il cosiddetto Sperone Abruzzi (il nome ricorda il precoce tentativo di salita di una spedizione guidata dal duca degli Abruzzi, nel lontano 1909). Ben sei chilometri di corde fisse sono stati piazzati lungo la via di salita, indispensabili per la sicurezza alle squadre di alpinisti e portatori incaricate di rifornire le postazioni disseminate sull’itinerario dell’ascensione.
La spedizione italiana ha potuto far conto su attrezzatura e vestiario di prim’ordine, a partire da giacche e pantaloni in piumino, per continuare con calzature finalmente capaci di ridurre il rischio di congelamenti ai piedi, una delle grandi preoccupazioni degli appassionati di montagna nei decenni precedenti. Non solo: gli alpinisti del K2 hanno avuto a disposizione per la prima volta corde in nylon, che diventeranno di uso comune solo negli anni seguenti.

Al successo dell’impresa hanno contribuito tutti i componenti del gruppo, 12 in tutto, alcuni già molti famosi nell’ambiente alpinistico nazionale. Scalatori provenienti da tutte le regioni alpine della penisola, dal Piemonte al Friuli. Per tutti, ad eccezione del bolzanino Erich Abram, è stata la prima scalata extraeuropea, e nessuno di loro, fino al momento del viaggio in Pakistan, era mai salito su un aereo. Il più giovane è Walter Bonatti, che ha compiuto 24 anni nel corso della spedizione; il più anziano Gino Soldà, che di anni ne ha 47. Tra di loro ci sono guide alpine, artigiani, un rappresentante di commercio, due albergatori e un ingegnere. E in aggiunta c’è il cineoperatore bolognese Mario Fantin, l’autore di tutte le riprese sul K2. E il medico Guido Pagani, che è anche un alpinista affermato.
Mentre sulla vetta del K2 Lacedelli e Compagnoni immortalano con la cinepresa la riuscita della scalata – saranno le prime riprese in cima a un ottomila – si avvicina l’ora del tramonto. Pochi minuti e subito devono scendere, senza poter mangiare né bere. Girano le spalle alla cima del K2 e si abbassano lungo il pendio ghiacciato, inghiottiti dalla notte che incombe.
Senza l’ossigeno delle bombole, rimaste sulla cima della montagna al termine della salita, i loro movimenti sono lenti e impacciati. Presto cala il buio. Arrivati alla base del gigantesco seracco pensile che sporge nel vuoto, compiono una pericolosa traversata sulla destra e si infilano in un vertiginoso canalone ghiacciato che erano riusciti ad evitare durante la salita.
Alle undici di sera, individuano il campo VIII, dove li attendono Erich Abram, Pino Gallotti, e due portatori hunza d’alta quota, Isakhan e Amir Mahdi, lo stesso che la notte precedente si è visto costretto a bivaccare a 8.100 metri, senza alcuna protezione, assieme a Walter Bonatti (circostanza su cui, in seguito, si accenderanno feroci polemiche).

Nei campi inferiori e al campo base, nessuno sa della scalata. La radio, che funziona solo a vista, rimane muta. I compagni che stanno più in basso trascorrono la notte aspettando notizie. A un certo momento, cominciano a temere il peggio. Nella notte, molti di loro ritornano con la mente al dramma del 21 giugno, e alla morte improvvisa del valdostano Mario Puchoz, colpito da edema polmonare al campo 2.
Occorrerà un giorno intero prima che la notizia della “vittoria” sul K2 arrivi al campo base.
Solo all’alba del 3 agosto l’ufficiale pakistano al seguito della spedizione riesce a trasmettere per radio a Skardu, la capitale del Baltistan, un messaggio cifrato da inviare in Italia via telegrafo. La notizia arriva a Milano a mezzogiorno e il giorno dopo, preceduta da un annuncio del giornale radio, occupa le prime pagine dei quotidiani.
Al campo base, nessuno è consapevole della portata del successo, e nemmeno immagina cosa succederà in Italia. Al rientro degli alpinisti, un’ondata di entusiasmo popolare scuoterà l’intera penisola. Ricevimenti, sfilate e cortei impegneranno a lungo gli uomini della spedizione. In un impeto di orgoglio nazionale, i vincitori del K2 verranno accolti con lo stesso calore con cui viene accolta la Nazionale reduce da un trionfo ai mondiali di calcio. Uscita a pezzi da una guerra perduta, l’Italia poteva vantare di fronte al mondo la conquista di un “ottomila”, al pari dei francesi sull’Annapurna nel 1950, dei britannici sull’Everest nel maggio del 1953 e dei tedeschi sul Nanga Parbat il 3 luglio dello stesso anno.
*Leonardo Bizzaro, trentino ma torinese da molti anni, è da sempre un appassionato delle vette. Caposervizio a Repubblica fino a poco tempo fa, si è occupato di spettacoli e cultura e ha scritto storie di montagne. Sul K2 ha scritto un libro, molti articoli e ha curato un paio di mostre.


Alla storia di questa avventura incredibile è dedicato un podcast di 4 puntate dal titolo “K2 – Come andare sulla luna”, narrato dalla voce di Riccardo Haupt e scritto e raccontato da:
Leonardo Bizzaro, giornalista e appassionato di alpinismo, autore per DeAgostini di “K2. Uomini, esplorazioni, imprese”.
Vinicio Stefanello, regista e scrittore di storie di montagna
Roberto Mantovani, giornalista e scrittore, autore di diverse pubblicazioni sul K2 e per molti anni direttore della Rivista della Montagna.
Luca Calzolari, giornalista esperto di montagna per oltre un decennio direttore di Montagne360.
Hanno ripercorso le tracce di quella spedizione attraverso le voci di:
Romano Benet – sedicesimo uomo al mondo a completare la salita dei 14 Ottomila senza l’uso delle bombole d’ossigeno, il quarto italiano a riuscirci. Tutte le salite sono state condivise con la compagna di vita, Nives Meroi. Con lei forma la prima coppia in assoluto a completare la collezione dei 14 Ottomila
Nives Meroi, tra le maggiori e più note himalayste al mondo. Ha scalato, insieme al marito Romano Benet, anch’egli alpinista, tutti i 14 ottomila senza l’uso di ossigeno supplementare e senza alcun aiuto di portatori d’alta quota, prima coppia in assoluto a riuscire nell’impresa.
Remo Ruffini, Presidente e Amministratore Delegato di Moncler S.p.A. Nel 2003 Ruffini ha rilevato Moncler, storico brand noto per i suoi piumini che facevano parte dell’equipaggiamento della spedizione
Michele Cucchi, guida alpina di Alagna Valsesia, è uno dei professionisti della montagna più rappresentativi e rispettati, si occupa di attività di formazione nel campo della sicurezza e del soccorso in montagna. Nel 2014 ha raggiunto la vetta del K2.
Stefano Morosini, professore di Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Bergamo. Ricopre inoltre il ruolo di coordinatore scientifico dei progetti di valorizzazione del patrimonio storico del Parco Nazionale dello Stelvio ed è Ricercatore Associato Senior presso il Laboratorio di Storia delle Alpi (LabiSAlp) dell’Università della Svizzera Italiana (Mendrisio, Svizzera). Tra le sue pubblicazioni, “La conquista italiana del K2”, Milano, Rizzoli-Corriere della Sera, 2021.
Mick Conefrey, giornalista e filmaker lavora per la BBC e History Channel. Ha realizzato documentari in molti Paesi, dalla Cambogia al Pakistan, dalle Svalbard a Puerto Rico, dalle Alpi all’Alaska. Nutre un particolare interesse per l’alpinismo e per le grandi spedizioni storiche. I suoi docufilm hanno vinto numerosi premi alle manifestazioni internazionali più prestigiose, dal Trento Film Festival al Banff Mountain Film Festival. È autore di libri di successo sulla storia dell’Everest, del K2 e del Kangchenjunga.