La stessa passione, novant’anni di differenza. Il più grande si chiama Giovanni, è nato nel 1926 e vive in Liguria, il più giovane è del 2016, si chiama Luca e fa la prima elementare a Livorno. Quando un amico mi ha mandato la foto di questi due partecipanti allo stesso torneo di scacchi, che si è appena tenuto ad Empoli, mi è venuta la curiosità di conoscere le loro storie.
Luca Doronzo ha 6 anni, si è avvicinato agli scacchi quando l’anno scorso ha visto i genitori giocare insieme. Ha chiesto di provare anche lui e loro lo hanno portato alla scuola di scacchi del Museo di Storia Naturale del Mediterraneo di Livorno. Ha cominciato a seguire un corso e, settimana dopo settimana, si è appassionato. Quello di Empoli è stato il primo torneo ufficiale federale a cui ha partecipato. Era un torneo a squadre, in cui ha sfidato altri bambini tra i 7 e i 12 anni, lui era in assoluto il più piccolo ed era molto fiero di avere la felpa granata della “Livorno Scacchi”. Ha giocato tutta la giornata, dalle 9 alle 19. Aveva nove partite, tre le ha vinte, tre le ha perse e tre gliele hanno assegnate a tavolino perché non c’era l’avversario. «Avevamo esitato parecchio a iscriverlo – mi racconta il padre Berto – ma quando ha saputo che i suoi compagni sarebbero andati ha insistito per esserci anche lui. Alla prima partita era molto concentrato e emozionato, quando ha perso gli veniva un po’ da piangere, ma poi si è sciolto e ha perso le altre con serenità».
Mi spiega che è un bambino con una grande memoria – «Fin da piccolo è affascinato dai colori delle bandiere del mondo e le riconosce quasi tutte» – ama fare i puzzle ed è attratto dagli aspetti di combinazioni e mosse. I genitori giocano a scacchi solo come passatempo, la mamma ha cominciato un paio di anni fa e il papà non ha mai fatto tornei. A Natale gli hanno regalato la prima scacchiera in legno ma vogliono che resti un divertimento, anche se lui sul comodino ha messo la sua prima coppa, quella del giocatore più giovane del torneo.
Giovanni Diena ha 96 anni, è nato ed è sempre vissuto a Recco, mi chiede di chiamarlo di mattina perché il pomeriggio lo dedica agli scacchi, ha una voce vivace, parla veloce e non si fa pregare per raccontarmi la sua vita. Quando aveva 46 anni si procurò una brutta frattura sciando: «Dovetti tenere il gesso per un tempo infinito, per mesi, non potevo fare niente e mi annoiavo a morte. Era il 1972 e quell’anno ci fu la sfida mondiale di scacchi tra il russo Boris Spasskij e l’americano Bobby Fischer. Eravamo in piena Guerra Fredda e giocarono a Reykjavik in Islanda. Fu una battaglia piena di colpi di scena e per la prima volta gli scacchi si videro anche in televisione, rimasi stregato dal gioco e decisi di provare». Bloccato sul divano cominciò a studiare e non ha mai più smesso.
«Non sono mai diventato davvero bravo anche se ho il titolo di “maestro” ad honorem, ma me lo hanno dato perché ho inventato un software con cui la federazione italiana per anni ha gestito i tornei. Per me è sempre stato un passatempo, un modo per divertirmi con gli amici e tenere la testa allenata». Ancora oggi, tre volte alla settimana, va a giocare al circolo “Golfo Paradiso” che ha fondato negli Anni Settanta e che è ospitato in una bella saletta della Croce Verde. Giovanni Diena ha lavorato fino a novant’anni: «Sono davvero in pensione solo da sei, da quando mia moglie ha cominciato ad avere problemi di salute e mi sono occupato solo di lei. Fino ad allora sono stato distributore farmaceutico».
Quella di vendere medicine è una tradizione di famiglia: «Cominciò mio nonno, che aveva aperto la farmacia di Recco, poi la ereditò mia madre ma non essendo laureata ottenne di poter tenere la concessione solo provvisoriamente, finché uno dei suoi figli non fosse diventato farmacista. Mio fratello maggiore cominciò a studiare ma poi venne mandato in guerra, allora i miei genitori decisero di iscrivere anche me a Farmacia nel caso lui non fosse tornato dal fronte. Grazie al cielo tornò a casa sano e salvo e l’attività venne data a lui».
Giovanni, che da bambino non sembrava assolutamente portato per lo studio, tanto che in prima elementare gli misero accanto una maestra di sostegno, bruciò le tappe: era così bravo che saltò la terza liceo e si laureò nel 1948 quando non aveva ancora compiuto 22 anni. Nel frattempo, già lavorava nella neonata farmacia di Pieve Ligure, affiancava un anziano farmacista che si era iscritto al concorso per averla in licenza. Ma pochi giorni prima delle prove l’anziano collega morì. «Nel giro di due anni avevo perso due farmacie, la prima perché mio fratello non era morto, la seconda perché il mio socio era morto… mi sembrò un segno del destino e cambiai mestiere, diventai distributore di farmaci all’ingrosso. Mio fratello era il mio miglior cliente».
Il segreto per arrivare così lucido e in forma a 96 anni? «Mangio poco e tutti i giorni mi faccio delle grandi spremute, ho appena ordinato 18 chili di arance dalla Sicilia. Certo amo la focaccia al formaggio della mia città, ma non esagero mai». Giovanni non si è mai fermato e continua ad andare in giro e a rinnovare la patente di guida: «All’ultima visita mi hanno tolto l’obbligo degli occhiali, incredibile: sono migliorato!». Ha sempre amato nuotare ma oggi non va più al mare e quando me lo racconta abbassa la voce: «L’ultimo bagno l’ho fatto nell’acqua calda dei Caraibi, a Guadalupa nel 2016. Ero con mia moglie, eravamo andati a festeggiare i nostri novant’anni, è stato bellissimo. Poi lei ha cominciato ad avere disturbi motori, a fare fatica a camminare e non siamo più andati in spiaggia. Due mesi fa l’ho persa e voglio che quello resti l’ultimo bagno della mia vita».
Giovanni e Angiola erano nati lo stesso mese e lo stesso anno, novembre 1926, si erano conosciuti sulla spiaggia di Recco nell’estate del 1942, quando non avevano ancora sedici anni: «Siamo stati insieme ottant’anni esatti, non siamo riusciti ad avere figli perché – e me lo dice in genovese – il Signore non ce li ha mandati. Ma il nostro è stato un matrimonio felice e lei mi manca tantissimo». Ogni pomeriggio va a giocare a scacchi e la sera sfoglia gli album delle fotografie: per anni ha scattato e poi sviluppato e stampato in casa e oggi una vita di ricordi gli tiene compagnia.