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24 Aprile 2023

Il partigiano giovane

Una lettera chiusa in una bottiglia racconta la storia del più giovane partigiano nella lotta di Liberazione, scappato di casa a soli dodici anni con la testa piena di sogni e progetti.
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Questa è la storia del più giovane partigiano italiano, Franco Cesana, che a soli dodici anni scappò di casa, dopo aver detto che usciva a prendere il latte, per raggiungere il fratello e unirsi alla Resistenza. Solo due mesi dopo, a giugno del 1944, la mamma ricevette una meravigliosa lettera in cui Franco le raccontava la sua avventura. È una storia dolorosa e commovente, che ho scoperto grazie alla storica Liliana Picciotto che da anni alimenta il portale Resistenti ebrei d’Italia nel quale raccoglie testimonianze sul contributo ebraico alla Resistenza.

Ritratto di Franco Cesana, 1940. © Archivio Fondazione CDEC

Liliana Picciotto, che è responsabile per la ricerca storica del CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), ha appena presentato una nuova parte della sua ricerca, fatta di storie e podcast, da cui condivido una parte del racconto su Franco Cesana, che era nato a Mantova il 20 settembre del 1931, si era trasferito con la famiglia a Bologna ed era rimasto orfano del padre quando aveva otto anni. 

All’inizio del 1944, il fratello maggiore Lelio si era arruolato con i partigiani nella formazione Scarabelli, creata in provincia di Modena, e Franco sognava di raggiungerlo come racconterà la mamma Ada Basevi: «Era parecchio tempo che questo benedetto bambino mi chiedeva sempre, alla sera: “Mamma, lasciami andare, voglio andare con i partigiani, dammi il permesso”. Gli rispondevo sempre di no: “Sei troppo piccolo, lascia fare a tuo fratello che è più grande”».

Il primo aprile Franco fugge e riesce a trovare i partigiani, ma per poter essere accettato mente sulla sua età, dichiarando di avere 16 anni, e così gli viene affidato il compito di staffetta portaordini con il nome di battaglia di “Balilla”.

La madre per lunghe settimane non saprà nulla del destino del figlio, anche se lo conosceva come un ragazzino responsabile e più maturo della sua età: «Mio figlio, era molto indipendente, non si lasciava sottomettere dalla paura dei castighi ed era molto religioso, tanto che studiava da rabbino».

Finalmente, il 7 giugno 1944, a casa arriva una lettera rassicurante, scritta con una calligrafia da bambino. “Carissima mamma, dopo la mia scappata non ho potuto darti mie notizie per motivi che tu immagini. Ti do ora un dettagliato resoconto della mia avventura: partii così all’improvviso senza sapere io stesso che cosa stavo facendo. Camminai finché potevo poi mi fermai a dormire in un fienile in località Osteria Matteazzi. Al mattino, svegliandomi con la fame, ripresi a camminare in direzione di Gombola, sfamandomi con le more. Arrivai a Gombola verso le nove e di lì cercai i partigiani, deciso a entrare a far parte di qualche formazione. Riuscii a trovare patrioti che mi insegnarono la strada per andare al Comando che si trovava a Maranello di Gombola. Arrivai nella detta località stanco morto, ma mi feci coraggio e mi presentai. Dopo un po’ mi si presentò l’occasione di entrare a far parte della formazione Marcello.

Sei contenta? Presentandomi a Marcello, fui assunto e siccome ho studiato, fui dislocato al Comando e attualmente mi trovo stabile relativamente sicuro in una località sopra a Gombola.

Così non ti devi impensierirti per me che sto da re. La salute è ottima; solo un po’ precario il dormire. Per chiarire un increscioso incidente, ti avverto che non ho detto quella cosa che mi hai fatto giurare. Così, chiudo questa mia, raccomandandoti alto il morale, che ormai abbiamo finito. 

Affettuosamente ti bacia e ti pensa il tuo tesoro. Ti raccomando, appena ricevi la mia bruciala. Ancora ti saluto e ti abbraccio”.

Lettera di Franco Cesana alla madre, 7 agosto 1944. © Archivio Fondazione CDEC

Ciò che la mamma aveva fatto giurare a Franco, era di non dire mai, in nessuna occasione, di essere ebreo, essendo per lui doppio il pericolo: l’appartenere al movimento partigiano e l’essere ebreo.

La lettera non fu bruciata ma chiusa in una bottiglia di vetro e seppellita, affidata dalla mamma alla terra, futura testimonianza su quanto avvenuto alla famiglia Cesana.

Dopo alcuni mesi di silenzio, il 14 settembre 1944, Ada Basevi si vede comparire davanti il figlio, cresciuto, bello, sicuro di sé. “Non piangere, mamma – gli dice, nel salutarla – ritornerò per il mio compleanno”. Il 20 settembre, infatti, Franco avrebbe compiuto 13 anni.

La sera dopo, nel corso di una missione con il fratello Lelio e altri partigiani, incontra un gruppo di tedeschi che, allertati da una spia, non esitano a sparare uccidendo Franco e altri quattro ragazzi. Mancavano sei giorni ai suoi tredici anni.Il comandante della formazione partigiana riuscirà a recuperare il corpo di Franco per portarlo alla madre proprio il 20 settembre, il giorno del compleanno.

Il portale web “Resistenti ebrei d’Italia” della Fondazione CDEC, con le illustrazioni di Sara Radice

La ricerca sul contributo ebraico alla Resistenza riprende uno dei primi progetti avviati dal CDEC che ne ha caratterizzato l’attività fin dalle origini (1955) e che in tutti questi anni, pur non essendo mai stato portato a termine, ha costituito uno dei principali nuclei del patrimonio di documenti della Fondazione. 

La ricerca viene resa pubblica tramite l’aggiornamento del portale online con un database di oltre trecento profili di resistenti e con la narrazione di cinque vicende particolari – tra cui quella di Franco – presentate anche sotto forma di podcast. La ricerca esplora vicende per lo più sconosciute e indispensabili per ricostruire il ruolo degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale, non solo vittime ma anche protagonisti della resistenza al nazifascismo.

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