19 Ottobre 2024

Vivo per raccontare

Graziella Ghisalberti è tra i sopravvissuti della Strage di Gorla del documentario Finché sono al Mondo, la persona che con più determinazione sta combattendo perché il ricordo di quella bomba, e il messaggio di pace che porta con sé, non vada perduto. La sua testimonianza è diventata il podcast Vivo per raccontare
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*di Silvia Nucini

Ogni prima domenica del mese Graziella Ghisalberti cammina, sorretta da un bastone, verso il luogo in cui la sua vita è cambiata per sempre. La potete riconoscere perché ha un fiore in mano, di solito bianco.
Quel luogo è una piccola piazza dove ci sono un monumento che fa un po’ paura e una cripta in cui riposano quelli che lei chiama «i miei bambini». Il fiore è per loro, il suo modo di dire: non vi dimentico. Quei bambini sono i suoi compagni di classe, i suoi amici, e lì c’era la scuola elementare che frequentavano insieme, la Francesco Crispi, colpita per errore o noncuranza da una bomba degli alleati americani, il 20 ottobre del 1944.

Se Graziella e pochi altri non sono tra i nomi dei 184 alunni, a cui vanno aggiunti 19 tra insegnanti e collaboratori scolastici, morti dentro la scuola, è solo per una serie di circostanze fortunate, in guerra si vive o si muore per minuscoli dettagli del destino.

Graziella Ghisalberti, all’epoca della strage di Gorla aveva 7 anni

Graziella Ghisalberti ora ha 87 anni e ha dedicato gli ultimi 25 anni della sua vita a testimoniare la sua storia, ma soprattutto a combattere perché la memoria della strage di Gorla, il quartiere di Milano dove si trovava la sua scuola, rimanesse viva.

Io e Mario Calabresi abbiamo conosciuto Graziella poco più di un anno fa, quando abbiamo iniziato a lavorare a quello che sarebbe diventato, ma allora non lo sapevamo ancora, il documentario Finché sono al mondo, che andrà in onda su Rai Tre sabato 19 intorno alla 22,40 e poi sarà disponibile su RaiPlay. Nel documentario abbiamo ricostruito le vicende storiche e raccolto le testimonianze dei sopravvissuti: è stato grazie a lei se quelle persone hanno cominciato a raccontare, dopo moltissimi anni di silenzio. 

Graziella abita nello stesso palazzo di Maria Luisa Rumi, compagna di classe e amica di una vita. Della bomba e del loro destino di sopravvissute hanno sempre e solo parlato fra loro, finché un giorno, lo storico Achille Rastelli che stava scrivendo un libro sui bombardamenti sulla città di Milano, è andato all’oratorio di Gorla per chiedere se ci fossero testimoni di quella bomba. Ha incontrato per caso Maria Luisa, e poi Maria Luisa ha detto a Graziella: «Perché non gli parli anche tu?». E lei lo ha chiamato. «Il dottor Rastelli mi ha chiesto se gli scrivevo una pagina di ricordi. Io gliene ho portate sette. Lui si è lamentato: le avevo detto una, signora Ghisalberti! Prendere o lasciare, gli ho detto», racconta Graziella.

Da sinistra Maria Luisa Rumi e Graziella Ghisalberti, sopravvissute alla bomba di Gorla e ancora adesso amiche
Da sinistra Maria Luisa Rumi e Graziella Ghisalberti, sopravvissute alla bomba di Gorla e ancora adesso amiche
Graziella e Maria Luisa oggi

Mettere per iscritto per la prima volta quel giorno fa accadere qualcosa: da quel momento Graziella rompe il silenzio e comincia la sua attività di testimone, in cui coinvolge anche tutti gli altri sopravvissuti. Vanno nelle scuole, parlano ai bambini che hanno la stessa età che avevano loro quando la fortuna li ha salvati, raccontano quel giorno.

«In classe avevamo fatto una pagina di D maiuscole, io le ho fatte bene e mi hanno mandata in segreteria per farle vedere. Tornata in classe abbiamo sentito un allarme, la maestra ci ha detto di andare a casa e ci ha fatti uscire. Nel cielo c’erano gli aerei, io avevo paura, per due volte sono tornata indietro chiedendo di andare nelle cantine della scuola, dove stavano portando le altre classi. La maestra dei maschi, la signora Gazzina, mi ha detto di no, allora mi sono messa a correre fino a che sono caduta davanti a un portone, non riuscivo più ad alzarmi per lo spostamento d’aria dell’esplosione. Una custode del palazzo mi ha tirata per un braccio e portata nel seminterrato. Il mondo è diventato di tutti i colori, fuori, quando siamo uscite, era tutto brillante, ma tutto rotto», ricorda Graziella.

In questo mondo tutto rotto Graziella continuerà la sua vita, apparentemente senza un graffio. «Non avevo niente fuori, ma di notte avevo paura, quando andavo a dormire vedevo solo morti. E poi le mamme della casa, che avevano perso i figli a scuola, hanno preso la mia e le hanno detto: Tina porta via la Lella, se no te la ammazziamo. Erano diventate come matte per il dolore», ricorda.

Di quel dolore che circola tra le mamme e i bambini che hanno perso gli amici e le maestre non si occupa nessuno «adesso ci sono gli psicologi, allora se smettevamo di mangiare a casa erano contenti, così risparmiavano un piatto di minestra», dice lei. Ma la guerra l’anno dopo finisce e si va avanti. Gli americani sono quelli che liberano l’Italia dal nazismo, ciò che hanno fatto a Gorla è un ricordo scomodo, che infatti viene rimosso dalla storia, dai racconti. Di quei bambini non c’è traccia nei libri di testo, nella memoria collettiva del nostro Paese e nemmeno in quella della città di Milano. Conosce la storia solo chi abita nel quartiere, dove è impossibile non notare la grande statua di una madre che tiene tra le braccia il figlio morto al centro della piazzetta dedicata ai Piccoli Martiri di Gorla.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella rende omaggio alle vittime della strage di Gorla a Milano

Quello che mi ha colpito di Graziella, quando l’ho conosciuta, è stato proprio lo stridore tra la mancanza di memoria su questa vicenda e la sua determinazione a tenerla viva, quella memoria. Attorno alla sua tenacia sono avvenute alcuni piccoli miracoli: suo figlio, Armando, ha messo in piedi un sito che si chiama piccolimartiri.it dove sono raccolte tutte le informazioni sulla strage di Gorla. È stato il suo regalo per la Festa della Mamma del 1999. Durante il settantesimo anniversario della strage un professore americano di storia si è avvicinato a lei e le ha porto dei fiori chiedendole scusa. Quell’uomo, che si chiama Robert Bloomhuff, si è fatto carico sulle sue spalle di una responsabilità che il governo del suo paese non si è mai assunta. Lei non parla inglese, lui non parla italiano, ma da allora ogni 20 ottobre assistono alla commemorazione tenendosi per mano.

Il Presidente Mattarella insieme a Graziella Ghisalberti

L’ultimo miracolo è avvenuto la mattina del 14 ottobre quando il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarellasi è recato – primo in ottant’anni – a rendere omaggio in forma privata ai bambini e alle maestre della scuola Francesco Crispi. Graziella l’aveva detto: «il mio sogno è vedere qui Mattarella e i corazzieri», e così è stato. L’immagine più bella che ho di lei è il Presidente che le si avvicina e lei che gli manda dei baci soffiandoli sulla mano.

La straordinaria testimonianza della vita di Graziella Ghisalberti è raccolta nel podcast Vivo per raccontare (che potete ascoltare qui) prodotto da Enece con il contributo di “Milano è memoria” del Comune di Milano.

Il podcast "Vivo per raccontare" sarà presentato da Silvia Nucini, Mario Calabresi e Venanzio Postiglione, vicedirettore del Corriere della Sera, domenica 20 ottobre a Milano, in Piazza Piccoli Martiri di Gorla.
Il podcast “Vivo per raccontare” sarà presentato da Silvia Nucini, Mario Calabresi e Venanzio Postiglione, vicedirettore del Corriere della Sera, domenica 20 ottobre a Milano, in Piazza Piccoli Martiri di Gorla.

* Silvia Nucini è giornalista e autrice. È stata per 18 anni caporedattrice storie di Vanity Fair. Ora le racconta in molti posti e in molte forme. È autrice di alcuni podcast tra cui il weekly Voce ai Libri prodotto da Chora Media

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