8 Febbraio 2025

E poi era anche un padre

Politico, deputato, europarlamentare e poi, alla soglia del ritiro dalla vita pubblica, a sorpresa due mandati da Presidente della Repubblica. Quella di Giorgio Napolitano è una storia lunga (letteralmente) un secolo che si intreccia con quella del nostro Paese, ma anche con quella privata di uomo, marito e padre. Suo figlio Giulio la ripercorre in un libro dove racconta come si cresce sapendo già chi sono i comunisti e i democristiani in prima elementare
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Era il 2005 e, poco prima di compiere ottant’anni, Giorgio Napolitano aveva scritto un libro che voleva essere il suo testamento politico, il commiato dalla vita politica attiva e il passaggio di testimone. Nel suo orizzonte c’erano le letture e il mare delle sue amate isole. Invece la vita gli avrebbe riservato un inatteso tempo supplementare e i suoi ottant’anni sarebbero stati il decennio più importante e significativo della sua esistenza.

Giorgio Napolitano, 11º presidente della Repubblica dal 15 maggio 2006 al 14 gennaio 2015. Il primo a essere eletto per due mandati consecutivi

Successe che il giorno dopo il compleanno, Carlo Azeglio Ciampi lo nominò senatore a vita, un omaggio al suo impegno come uomo delle Istituzioni. Ma successe anche che meno di un anno dopo sarebbe stato eletto capo dello Stato come successore di Ciampi stesso. In dieci mesi le prospettive erano cambiate radicalmente: non più una vecchiaia contemplativa e silenziosa ma un turbine di viaggi, incontri, governi, crisi politiche e elezioni.

Nella mia testa amo collezionare le storie delle persone a cui accadono eventi inaspettati e imprevisti e, lasciando da parte quelli negativi che purtroppo temiamo e consideriamo più possibili, sono particolarmente affascinato dai cambi improvvisi di prospettive, dai bivi della vita, dagli scherzi e dalle sorprese del destino. 
Come la vicenda raccontata nel suo libro da Giulio Napolitano, figlio dell’ex presidente della Repubblica, che ha intrecciato le sue memorie personali con la storia pubblica di suo padre e mezzo secolo di storia italiana. Un volume originale, che si intitola “Il mondo sulle spalle” e racconta molte cose che non sappiamo, che ci parla di Berlinguer, Moro, Craxi e Kissinger, ma anche di un presidente che scappava dal Quirinale per rifugiarsi nell’appartamento di una vita ad ascoltare la musica classica e che guardava il telefilm del tenente Colombo insieme ai figli.

La famiglia Napolitano in piazza Montecitorio alla fine del 1971: accanto a Giorgio Napolitano che tiene per mano suo figlio Giulio, ci sono la moglie Clio e l’altro figlio Giovanni

Giulio è un bambino che, suo malgrado, è già grande fin da quando è piccolo, divide il mondo in comunisti e democristiani già in prima elementare, registra l’angoscia familiare per il rapimento di Aldo Moro, riceve dal padre come regalo per i suoi quattordici anni le cassette con i discorsi di Winston Churchill. Ma è anche il bambino felice che dello storico viaggio del padre negli Stati Uniti del 1978, il primo di un esponente del PCI, ricorda il dono di un orologio al quarzo di Guerre Stellari, il film che era uscito l’anno prima.

Nel libro c’è la vita in quella “famiglia” che era il Partito Comunista, i viaggi nell’Europa dell’Est e in Cina, il rapporto dialettico di rispettosa differenza con Enrico Berlinguer e poi tutto il tempo più vicino a noi, quello del rapporto a tratti burrascoso con Silvio Berlusconi, l’incarico a Mario Monti, il governo di Renzi, la comparsa di Grillo e la rielezione per il secondo mandato, assolutamente non voluta e non cercata.
C’è la narrazione di un tempo in cui la politica non era gridata, in cui non c’erano uomini soli al comando ma leadership collettive, confronti e discussioni, in cui esisteva ancora il rispetto per il galateo istituzionale e in cui, soprattutto, si studiava.

“Il mondo sulle spalle. Una storia familiare e politico”, edito da Mondadori, il libro con cui Giulio Napolitano racconta la vita pubblica e privata di suo padre Giorgio

Ho conosciuto bene Giorgio Napolitano, il legame con il presidente era nato per il suo impegno a ricucire il rapporto tra le Istituzioni e le famiglie delle vittime del terrorismo, per tenere viva la memoria di quello che era successo negli Anni di Piombo. Nel tempo, mi permetto di dire, era nata una bella amicizia, fatta di telefonate e incontri costanti. La prima volta che andai a trovarlo rimasi colpito dalla quantità di libri che c’erano sulla sua scrivania, erano pieni di sottolineature e di appunti. Non smetteva mai di studiare e di approfondire.
Andai a trovarlo pochi giorni prima della sua rielezione e mi fece vedere che quei libri li aveva già traslocati tutti, che anche i vestiti erano già tornati a casa, mi disse che aveva promesso di tornare alla vita privata, per godersi il tempo che gli restava.

Insieme a Giorgio Napolitano.

Gli chiesi a chi avesse fatto la promessa, «A mia moglie Clio – mi rispose – che vuole avere ancora la possibilità di andare noi due soli al mare, a Capri». Amavano le isole, l’Elba, Capri e Stromboli, cucinare e mangiare in cucina, condividere ogni scelta e ogni discorso, il loro è stato un lungo e affiatato amore, e quando lui venne rieletto lei non disse una parola, ma continuò a sostenerlo. 
In un libro che ci si aspetterebbe fosse solo storico e politico c’è anche tutto questo, perché la vita è fatta di tanti ingredienti e per raccontarla davvero si deve anche parlare di un bambino che diventa laziale per un patto fatto con il bidello della scuola e di due genitori che lo accompagnano allo stadio nonostante non capiscano nulla di calcio. 

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