Amo molto le stazioni, sono luoghi affascinanti perché ogni giorno, in quegli spazi caotici, decine di migliaia di persone si incontrano per un attimo, si sfiorano, si aspettano, si abbracciano, si salutano. Considero l’attesa sotto il tabellone per scoprire il binario un tempo speciale, quello in cui posso stare fermo a osservare le persone, a studiare cosa fanno, come sono vestite, come interagiscono tra loro. In mezzo alla fretta delle partenze e degli arrivi quello è un tempo fermo, che ha un sapore diverso. Per questo sulla copertina del mio nuovo libro c’è una stazione. Una folla colorata che aspetta indicazioni sul proprio treno nell’atrio delle partenze della Waterloo Station, la più grande e affollata di Londra.
Ho scelto quest’immagine, opera di un artista bergamasco, si chiama Andrea Sbra Perego vive a New York e ama dipingere le stazioni, anche se, apparentemente, non c’entra nulla con il titolo: “Il tempo del bosco”. Ma proprio quell’attesa in stazione mi parla diun tempo “sospeso” in cui siamo finalmente fermi, almeno per un attimo.
Da bambino, durante l’estate, amavo guardare passare i treni e osservare le persone che salivano e scendevano. Andavo a sedermi sui tre gradini di un portone (chiuso da sempre) che sta esattamente di fronte al passaggio a livello di Bogliasco, un paese della Liguria di Levante, e ci restavo delle ore.
Da grande, uno dei miei luoghi preferiti è diventato il grande atrio delle partenze di Grand Central Station dove, sotto la volta dipinta con 2500 stelle, c’è un grande orologio dorato con quattro facce. Lo hanno messo sopra l’ufficio informazioni e da ogni punto è possibile vedere l’ora. La luce filtra dalle immense vetrate, le ombre e i colori riflessi cambiano in continuazione. Questa stazione centenaria è uno dei posti più belli di New York. Sotto l’orologio si danno appuntamento ogni giorno migliaia di persone, mi piace immaginare le loro vite, capire perché quei due discutono, se quel bacio è clandestino o se quel ritardo, che ha fatto perdere il treno, avrà conseguenze.
La scelta dell’immagine di copertina di un libro non è un lavoro facile, nel tempo mi sono convinto che per funzionare deve avere una relazione forte non solo con l’argomento ma anche con chi lo ha scritto. Deve avere una sintonia e un’intimità.
La copertina del mio primo libro: “Spingendo la notte più in là” ne è l’esempio perfetto: il titolo era un verso di una poesia di Tonino Milite, il mio secondo padre, mentre la foto ritraeva mia madre con me e i miei fratelli in Val Ferret durante l’estate del 1974. Sono convinto che quella foto di famiglia abbia contribuito al successo di quel libro.
Quando ho scritto “La mattina dopo”, trovare l’immagine adatta è stato molto faticoso: che cosa scegliere per un libro che racconta di come si possono affrontare e superare i momenti più difficili della vita?
La risposta era davanti ai miei occhi, una fotografia che avevo comprato in una piccola galleria di Roma e che mi aveva conquistato: era stata scattata di notte su una spiaggia di Rio de Janeiro di fronte all’Atlantico in tempesta. Mi affascinava la forza di quell’onda e la tranquillità di due ragazzi nell’acqua. Mi sembravano perfettamente coscienti che bisogna avere il coraggio di tuffarsi di testa per passarci attraverso, che le onde della vita bisogna affrontarle.
Ho scoperto che l’aveva scattata un grande fotografo, Francesco Zizola, vincitore di dieci World Press Photo. Non era solo una bella foto e così l’ho portata a casa facendola diventare ispirazione e monito per i momenti complicati.
Non vi nascondo che ci furono molte perplessità perché è una foto scura, non sono molte le copertine nere sui banchi delle librerie, ma alla fine abbiamo avuto coraggio e anche questa è stata un successo.
L’ultima copertina di cui vi parlo invece è tutta bianca, è quella di “Una volta sola”, e per la seconda volta (era già successo con “La fortuna non esiste”) è rappresentata una persona che si tuffa. In questo caso è nell’atto di lanciarsi, in quel momento esatto in cui ti sei dato lo slancio e non puoi più tornare indietro. Amo tantissimo la sensazione del tuffo e trovo che la vita ci metta spesso davanti a momenti che gli somigliano molto: quelli in cui dobbiamo prendere una scelta e per riuscirci abbiamo bisogno di un momento di incoscienza in cui buttare il cuore oltre l’ostacolo. L’immagine del tuffatore è un dettaglio di una foto di Karine Laval, fotografa francese che scatta “quadri” meravigliosi nelle piscine, immagini con atmosfere piene di interrogativi e possibilità.
Oggi vi ho parlato soltanto della copertina, dell’involucro esterno del mio nuovo libro, la prossima settimana vi racconterò perché ho sentito il bisogno di scrivere un libro sul tempo. Buon fine settimana