Sempre più spesso leggere le notizie provoca ansia, fastidio, stanchezza. Capita anche a me e non era mai successo. Mi succede spesso di fermare il dito prima che tocchi l’icona di un sito di informazione, soprattutto se americano, perché penso che non ho voglia di rovinarmi la giornata, di sentirmi angosciato. Questo accade con più frequenza da cento giorni, da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca e ha adottato una strategia ben precisa: terremotare tutto, far saltare ogni equilibrio esistente, rimettere in discussioni accordi, alleanze e consuetudini. Penso di non essere l’unico e mi colpisce che, in un sondaggio pubblicato sul New York Times, due terzi degli americani abbiano scelto l’aggettivo “caotico” per descrivere l’operato di Trump. Seguono: “spaventoso” con il 59%, mentre per il 42 per cento degli americani ciò che sta facendo il presidente è “eccitante”. E questo ci racconta come gli Stati Uniti siano estremamente divisi e polarizzati.

Il mio unico modo per gestire l’ansia, per dare un senso alle cose, è provare a comprenderle, cercare di trovare una spiegazione, un filo che leghi fatti e comportamenti
Non è sempre facile farlo con ciò che appare irrazionale, umorale e talvolta delirante, ma sforzarsi a leggere le cose oltre le apparenze e non fermarsi a reazioni emotive è salvifico
Per questo a giugno dello scorso anno ho cominciato, insieme a Marco Bardazzi, a registrare ogni settimana il podcast “Altre/Storie americane”. Doveva essere un viaggio nella campagna elettorale, poi ci è sembrato utile proseguire per raccontare i primi cento giorni di questa Casa Bianca. Ci eravamo impegnati ad arrivare a questo traguardo, lo abbiamo fatto e con questa puntata la frequenza settimanale si conclude, ma questo podcast non si chiude qui, nel senso che torneremo ogni volta che sarà urgente raccontare un passaggio importante, un passaggio notevole di questa storia e di questa America. Siamo molto orgogliosi di aver avuto un seguito che non avremmo mai immaginato, 50mila persone hanno ascoltato ogni puntata, con costanza e con una passione che mi conferma l’importanza di spiegare e di provare a capire.

Siamo arrivati alla puntata numero 30 (la potete ascoltare qui), quella che cerca di leggere e comprendere questi cento giorni, un periodo che non ha precedenti nella storia quanto a ordini esecutivi firmati dal nuovo presidente (gli ordini esecutivi potremmo paragonarli ai nostri decreti governativi) e che ha cambiato profondamente la posizione e l’immagine dell’America nel mondo.
Ci sono molte cose che colpiscono e che vanno in direzioni opposte, gli ingressi illegali negli Stati Uniti dal confine con il Messico sono quasi azzerati e su questo gli americani promuovono Trump, ma allo stesso tempo una maggioranza di elettori lo boccia sulla politica economica e sulla guerra dei dazi. La paura degli scaffali vuoti o di un aumento dei prezzi di molte merci importate sta dilagando nel Paese, diffondendo incertezza e confusione.

Al Trump di politica estera bisogna riconoscere accanto a metodi irrituali e molto “imperiali” di aver avvicinato la possibilità di un cessate il fuoco in Ucraina (a quale costo non è ancora chiaro) ma l’immagine dell’America nel mondo ha subito molti colpi e la fiducia e in grande calo. Un dato mi colpisce ed è la diminuzione di ingressi negli Stati Uniti nel mese di marzo: un calo di turisti del 12 per cento. Gli arrivi dall’Europa occidentale sono scesi del 17 per cento e quelli dal Canada (il vicino di casa a cui Trump riserva ogni giorno spiacevoli esternazioni) sono crollati di un terzo. Un Paese visto come storicamente accogliente, una delle prime mete di turismo, oggi è guardato con diffidenza e con un po’ di apprensione.
Ma siamo solo all’inizio di un cambiamento che lascerà il segno e che obbligherà ogni nazione (a partire da quella comunità di Paesi che è l’Europa) ma anche ognuno di noi a uno sforzo di comprensione e a pensare a comportamenti nuovi.
Non dimentichiamoci che oggi (venerdì 2 maggio) sono passati 102 giorni da quando Trump è entrato nuovamente nello Studio Ovale ma ne mancano ben 1.358 alla fine del suo mandato.